Il “Nannicinema”

12th Rome Film FestivalIeri sera, grazie al tepore ottobrino romano, decido di uscire da studio un po’ prima per dirigermi lento pede verso l’Auditorium è così dare una sbirciatina alla Festa del cinema.

In realtà avevo letto che alle 21 in Sala Petrassi ci sarebbe stato un incontro diretto con Nanni Moretti, i cui film hanno sempre accompagnato – se pur casualmente – eventi importanti della mia vita, a cominciare proprio da Ecce bombo che uscì contemporaneamente al mio esame di maturità e che fu girato nello stesso quartiere ove è la sede del mio liceo (indimenticabile la scena della tesina sul “poeta” Alvaro Lissa che si presentò personalmente dinanzi alla commissione, sulle “facce” di chi lamentava malgoverno democristiano e della “tortura” urlata dal preparatore di matematica che era proprio il nostro protagonista-regista).

Mentre cammino verso la biglietteria per procurarmi i programmi cartacei (perché sono sempre belli, pratici e conservabili) con la speranza di reperire un biglietto per ascoltarlo, lo vedo arrivare e così abbiamo camminato in parallelo, lui sul red carpet ed io costeggiando l’edificio sulla destra.

Mi fermo a guardarlo davanti alle telecamere e vedo un uomo triste e afflitto. Diverso dal solito, perché lui è ironicamente serio ma mai realmente così provato; infatti poi si muove lentamente con lo sguardo rivolto verso il basso per andare verso la sala dove una letterale folla era in fila ad aspettarlo.

Ironicamente la simpatica ragazza della biglietteria mi dice “stasera nè lei, nè io potremo chiacchierare con lui”, aggiungendo che non avrebbero mai immaginato un simile pienone e che se lo avessero potuto prevedere, avrebbero considerato l’utilizzazione della Sala Sinipoli tutta per lui.

Me ne faccio una ragione e – tra uno stand e l’altro – me ne torno verso casa.

Stamattina le principali testate giornalistiche riportano la sintesi del suo intervento di ieri sera e del suo racconto supportato dal filmato della radioterapia che ha dovuto praticare su sè stesso per via della recrudescenza del suo tumore, poi guarito.

“Ecco la ragione del suo stato d’animo!”, ho pensato.

Ma qualcosa di forte, al di là del personaggio non da tutti amato, deve essere presa in considerazione.

È semplicemente straordinario come l’autoreferenzialità, che in generale è considerata come un difetto inaccettabile, nel caso di Nanni Moretti implica tutta l’essenza della sua opera cinematografica.

Quando lui racconta (perché il cinema ci racconta sempre qualcosa), si racconta.
E raccontando sè stesso, diventa lui stesso il cinema che fa, o il contrario, ovvero il cinema diventa lui, se si vuole argomentare partendo dall’altra angolazione del racconto.

Questa sua straordinaria attitudine a costruire i propri film sulla base del “diario”, che molti di noi amano scrivere proseguendo nella sana abitudine adolescenziale, ce lo ha trasformato un pò come una specie di parente, ove l’osservazione del “sociale” si identifica con le reazioni del protagonista, sempre attento, ansioso, incontenibile nel desiderio utopistico, quanto meraviglioso, di sperare che le cose possano sempre migliorare.

La visione del mondo come quella di Nanni, volta alla perenne ricerca di tutti i modi possibili per il raggiungimento della felicità per tutti è un dono che lui ci fa incondizionatamente, forse inconsapevolmente.

Perché ci aiuta a continuare a metterci in discussione, ma al tempo stesso ci lascia spazio per non smettere di sognare.

Unico nel suo genere, ogni parte che ha scritto e interpretato fa restare in noi un “pezzetto” di piccola grande verità.
E non è poco.

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