Il Festival di Sanremo. Festival della canzone o delle polemiche?

arisaCome ogni anno dopo Natale, arriva il Festival della Canzone Italiana detto anche Festival di Sanremo.  

E come ogni anno si scatenano polemiche, discussioni, accuse di falso, di plagio ecc. Nell’era del web questo fenomeno aumenta, tra insulti, prese in giro, dichiarazioni d’amore discussioni in rete.

 I detrattori dicono che occorre abolirlo, che è obsoleto, che è una spesa inutile, mediocre ecc. Di parere opposto ovviamente è chi questo spettacolo continua a seguirlo.

In realtà il Festival Sanremo è funzionale a se stesso, è autoreferenziale.

Al di fuori delle canzoni più o meno belle, di cantanti più o meno bravi, di ospiti interessanti o meno il Festival di Sanremo ogni anno dato per morto, rinasce dalle sue ceneri, come l’araba fenice.

Più che la musica, sembrano le polemiche il sale del Festival, senza le quali, al contrario, sarebbe un evento noioso senza particolari sussulti.

Già l’idea che una canzone possa essere giudicata bella o brutta, nell’arco di tre o quattro ascolti, lascia perplessi, anche se, poi la verifica una volta avveniva con la vendita dei dischi, e più di una volta il pubblico ha premiato non il vincitore ma chi non era neanche arrivato in finale.

Perduti gli anni dei grandi scontri tra i big italiani della canzone, si è passati alle polemiche dettate dalla scelta del presentatore; chi fra Pippo Baudo o Mike Buongiorno? Meglio Bonolis, Fazio, o Conti? Quale sarà la Valletta?.

Presentare il Festival sembra essere, come vincere un campionato mondiale del presentatore, come se leggere il nome del cantante e la sfilza di nomi di chi ha scritto la  canzone (non meno di tre autori) sia un’impresa degna dell’Actor Studios.

Certo, si può obiettare,  che nelle ultime edizioni, il ruolo del presentatore è cambiato, dovendo calarsi in un ruolo più di intrattenitore, che di presentatore, anche perché non è facile tenere viva l’attenzione per cinque lunghe serate.

Non possono mancare le polemiche sui vincitori, accuse di  trucchi sui voti, sospetti di modifiche dell’ultima ora, per favorire questo o quello, perché sponsorizzato da case  discografiche più forti, che combattono guerre spietate con  loschi accordi dietro le quinte.

Un “complottismo italico” che deve rendere tutto falso, tutto oscuro e manomesso, tanto da far intervenire in molti casi le varie associazioni di consumatori, non si capisce a salvaguardia di che cosa.

Insomma non c’è pace per il Festival. ma è proprio su  questa massiccia dose di polemiche, di accuse e contro accuse che il Festival riesce a sopravvivere.

Più che la capacità canora, o le sceneggiature del palco, sono altri gli elementi, che alla fine fanno si che lo si guardi, con curiosità, anche se  un pò distaccata, e critica.

Non è la canzone, non è il cantante a trascinare ma è il contorno. E’ il si dice, non quello che si canta.

Il Festival di Sanremo ha un metodo perfetto per accendere  la curiosità dello spettatore, e quindi di indurlo a verificare di persona, di ascoltare di controbattere o di accettare certi giudizi.

Una vera operazione mediatica, accuratamente sviluppata e perfezionata nel tempo,  che alla fine paga.

Si calcoleranno i guadagni diretti e d’indotto, si verificherà a livello di share, di vendite, di passaggi sulle radio e alla fine si dirà che in fondo il Festival di Sanremo non è male, che si ripaga le spese, e quindi ci si può preparare alla prossima edizione.

Tutto sarà pronto per il circo mediatico, di “viva “ e “abbasso” per il “gossip” su chi e su che cosa.

Nulla di nuovo quindi. Il Festival di Sanremo è il Festival Sanremo. Punto e basta. Tutto il resto è uffa.

di Gianfranco Marullo 

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