Il “Fellini della fotografia”  in mostra a Roma

Una curiosa visita personale per una mostra da non perdere. David LaChapelle, “amato-odiato” artista, fotografo-regista-pubblicitario, torna a Roma dopo ben 15 anni, con il suo stile pop o, potremmo dire, “post pop”, con una mostra, inaugurata il 29 Aprile a Palazzo delle Esposizioni fino al 13 settembre 2015, che propone un’antologia ed una carrellata delle sue opere tra citazioni di arte rinascimentale, barocca, pop e sacra.

Uno stile inconfondibile, unico, bizzarro, onirico, surreale, molto cinematografico e moderno. Artista discusso, poeta maledetto della fotografia, LaChapelle offre uno sguardo satirico ed ironico sull’essere umano che popola le sue immagini, le sue concezioni sull’uomo moderno,  costruite ad arte con colori vivacissimi e sperimentazioni surrealiste proprie della cultura pop americana dalla quale trae ispirazione.

Ricordo che rimase “folgorato” (gioco di parole non a caso) dalla celebre “Electric Chair” di Andy  Warhol, di cui ne fece una sua personalissima interpretazione. La mostra nasce e si alimenta come frutto dell’osservazione e di una personale interpretazione della realtà; parte da “The Deluge”, ispirata all’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina, una personale rivisitazione del Diluvio,  celeberrimo. Sono presenti ben 150 opere, di cui molte inedite, presentate per la prima volta in un Museo.

Il filo conduttore delle sue ultime produzioni è il concetto che la natura osteggi le politiche di estremo sfruttamento delle risorse del pianeta fino a non lasciare più nessuno ad abitarlo se non le testimonianze luminose dei fabbricati, delle case, caseggiati solitari  in una visione “onirica” del nostro futuro e del nostro avvenire.

LaChapelle può essere un artista senza dubbio di difficile comprensione ma ha il grandissimo merito di offrirci una visione surreale su orizzonti futuri e sulle conseguenze dell’agire sconsiderato dell’uomo; ci invita a riflettere, provocando, sul nostro disastroso agire nei riguardi della  natura, animali in via d’estinzione, montagne bucate, disboscate, spiagge mangiate da colate di cemento,  gas tossici e fumi velenosi, discariche a cielo aperto, rifiuti sepolti nei terreni, con uno sguardo sempre teso all’ecosostenibile, in chiave paradossale e fortemente empatica.  L’essere umano, per LaChapelle, ha perso di vista ogni valore morale, etico e sociale, nella propria disperata ricerca di perfezione estetica, rifiuto della vecchiaia e ricerca ossessiva di oggetti e beni materiali. Temi “cupi” e duri, che l’artista ci restituisce con una magnifica “leggerezza” nella loro crudele verità.

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di Alessandra Paparelli

 

 

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