Il CSM, Di Matteo, il Capitano Ultimo e la trattativa

di matteoÈ di pochi giorni fa la notizia che il CSM ha bocciato la richiesta del Giudice Nino Di Matteo di entrare a far parte della Direzione nazionale antimafia. Pare che il giudizio contrario sia stato molto ampio e quindi almeno in questo caso non si può parlare di trame occulte, o di spinte politiche per bloccare la candidatura di Di Matteo.

Di Matteo è il magistrato che insieme a Ingroia da anni si occupa della presunta trattativa tra stato e mafia, un “mantra” che ormai, alla lettura della carte giudiziarie, portate in dibattimento, sembra sempre meno interessante, per non dire assolutamente inutile.

Dopo anni di interrogatori a ex politici del tempo, fino ad arrivare al Presidente della Repubblica Napolitano, ricerche disperate di documenti, deposizioni di “pentiti” o meglio definiti “collaboranti di giustizia”, che per ovvie ragioni hanno più o meno tentato di avallare le linee della Procura, con qualche scivolone di troppo, o poca credibilità, vedi il figlio di Ciancimino ed il suo “papello”, dopo anni di ricerche non si è arrivati a nulla di concreto.

Il tutto supportato da ampie campagne stampa del gruppo Espresso –Repubblica con annessi pensatori alla Saviano, e ovviamente le note trasmissioni televisive. Insomma chi avrebbe dovuto trattare per conto dello Stato con la mafia, e se questa trattativa sia realmente avvenuta, su quali basi e perché, dopo più di dieci anni di indagini alla fine ancora non si è capito.

Il PM Ingroia, capita l’aria ha tentato un salto in politica, mal gliene incolto, e ora si dedica alla professione forense. Che adesso difenda un ex boss Augusto La Torre del clan dei Chiuovi di Mondragone, alleato dei Casalesi ed egemone nell’alto Casertano, nel basso Lazio e lungo la costa domizia tra il 1980 e gli inizi dei duemila, sono cose che capitano nella professione forense , e poi che male c’è. In fondo La Torre è un pentito, e quindi un alleato dei giudici, pure laureato in carcere in psicologia, chi meglio di un ex pm antimafia può difenderlo?

Insomma il povero Di Matteo si è trovato come si dice, con in mano il cerino acceso, e ben aveva pensato di trasferirsi alla Direzione Nazionale Antimafia, solo che il CSM evidentemente non lo ha giudicato idoneo, visti anche i problemi sorti all’interno delle varie procure con la volontà di interrogare il Presidente della Repubblica Napolitano, e quindi continuasse pure, a portare a termine il processo sulla “trattativa”. Se i risultati non saranno quelli sperati la situazione per lui sarà piuttosto complessa.

Certo ogni tanto arrivano minacce di attentato, che il tritolo per lui sia già pronto a Palermo, facendolo diventare il magistrato più protetto d’Italia. Tuttavia, anche questa storia del tritolo lascia un pò perplessi, visto e considerato che se arriva la notizia, da fonti confidenziali, è strano che poi non si trovi mai l’esplosivo. Ma tant’è su questo speriamo sempre che siano semplici minacce.

La storia insegna che quando la mafia decide di colpire con il tritolo o con le armi, lo fa e basta, non trapela nulla e soprattutto colpisce chirurgicamente chi giudica veramente pericoloso per l’organizzazione. Vedi i casi di Chinnici, Falcone e Borsellino e tanti altri, a cui va aggiunto l’attentato al giudice Carlo Palermo che costò la vita a una mamma e ai suoi due figli.

Resta un’ultimo punto in questa storia. Nino Di Matteo ed altri magistrati Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, querelano per diffamazione il “Capitano Ultimo” ora Colonnello dei carabinieri, al secolo Sergio De Caprio, ovvero colui che nel gennaio del 1993 mise fine alla latitanza di Totò Riina.

Ex capo del Crimor, un carabiniere, un servitore dello Stato che anziché essere ringraziato si è trovato al centro di problemi giudiziari. Accusato da alcuni magistrati, di favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina, è stato assolto nel 2006 perché il fatto non costituisce reato.

Sergio De Caprio è stato querelato per diffamazione, per aver rilasciato un’intervista al sito Censurati.it in cui risponde alla trasmissione “Servizio Pubblico” affermando che è molto strano come la “trattativa” sia rivendicata esclusivamente, da pezzi dello stato, mentre nulla viene detto dagli avvocati dei mafiosi, soprattutto da quelli di Riina, o dai mafiosi stessi, che potrebbero in questo contesto trovare spazi per la difesa dei loro assistititi.

Nell’intervista Ultimo afferma che un tale comportamento non può essere riconducibile se non a “pezzi deviati dell’informazione e di un coacervo di personaggi che evidentemente non operano per finalità istituzionali ma per esigenze illecite e personali”. Altre carte giudiziarie, altri processi, con un tempo che si allunga a dismisura. Insomma una storia che sembra non finire mai, ma citando Pirandello più che una verità giudiziaria sembra “cosi è se vi pare”.

di Gianfranco Marullo

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