Il Consiglio di Stato si pronuncia sull’acqua: “le bollette non tengono conto della volontà espressa dai cittadini”

acqua rubinettoNel Giugno del 2011, 27 milioni di italiani hanno votato il referendum sull’acqua , quale “bene comune” , decidendo altresì di abrogare la quota pagata ai privati per gli investimenti fatti ( ovvero il  7% previsto dal comma 1, art. 154  decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006).

Sebbene la volontà dei cittadini sia stata ufficializzata il 21 luglio 2011,sulle bollette degli italiani compare ancora la voce relativa alla remunerazione del capitale investito,( il famoso 7% destinato ai gestori), che fortunatamente in questi giorni è stato dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato, dal momento che non  rispetta il voto dei cittadini.

I giudici hanno chiesto ai gestori di risarcire i tributi versati dagli italiani, ma dietro l’angolo si annida l’agguato delle Autorità per Energia elettrica e gas, cui spetta il compito di formulare le tariffe dell’acqua.

Facciamo qualche passo indietro: il regalo ai gestori è stato fatto dal neonato governo Monti, che nonostante la manifesta volontà degli italiani, il 6 dicembre 2011, con il decreto 201 Salva-Italia, ha deciso di affidare l’acqua all’Aeeg ( autorità  per l’energia elettrica e gas). Comprensibile dunque che l’ente si sia tenuto stretto il gentile omaggio.

La decisione ha tuttavia scatenato una valanga di proteste e contribuito alla nascita di associazioni in difesa dei beni comuni che hanno difeso strenuamente la necessità di far rispettare il referendum.

Lo scorso anno in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato,  l’Autorità per Energia elettrica e gas  ha formulato nuovi prezzi , inserendo tra le altre cose una voce relativa agli oneri finanziari , occultata con la formula  “costo della risorsa finanziaria” anzichè“ remunerazione del capitale” (calcolata in un 6% da destinare sempre ai gestori ) ed ha inoltre stabilito la retroattività delle nuove tariffe.

Adesso tuttavia il Consiglio dello Stato si è pronunciato confermando quanto disposto dalla Corte Costituzionale il 21 luglio 2011, pertanto la remunerazione del capitale investito dovrà cessare di essere calcolata in bolletta.

Del resto “risorsa finanziaria” anziché “ remunerazione del capitale” è un modo furbo di mantenere inalterato lo stato delle cose, cosa ben nota a chi è informato sulle dinamiche  del gioco.

Quello che sfugge è che in nome di investimenti idrici di notevole portata, si prefigura l’ipotesi di un altrettanto colossale finanziamento, chiamato appunto “risorsa finanziaria” dietro cui si celano i soliti maghi della finanza: quelli che con una mano tendono i soldi e con l’altra se li fanno restituire con interessi profumati per gli anni a seguire.

Se il ricatto idrico dovesse essere applicato purtroppo intere città indebitate correranno il rischio di restare a secco!

di Simona Mazza

Foto: genova.mentelocale.it

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