Il braccio di ferro sulle navi Sea Watch

Punto e daccapo. Nonostante il monito del Capo dello Stato, rimarcato con chiarezza nel discorso di fine anno, a mantenere basso il livello di astio e a rifiutare l’insulto e l’intolleranza, il 2019 è cominciato anche peggio di come era finito il 2018. Nei primi giorni del nuovo anno lo scontro tra i protagonisti della politica ha praticamente occupato la scena: sui social, nei comunicati televisivi, nella stampa e quant’altro.

Come abbiamo avuto modo di scrivere recentemente, quello di Sergio Mattarella è stato un discorso tutto rivolto ad affermare una idea di nazione molto lontana da quella con cui Matteo Salvini, vero capo politico del governo in carica, sta progressivamente conquistando il consenso degli italiani. Il Presidente ha rimarcato l’importanza di essere e pensarsi come una comunità che rifiuta l’astio, l’insulto e l’intolleranza e che rispetta la dignità altrui, in particolare quella degli immigrati. “Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese” ha detto alla fine Mattarella.

Parole tanto più opportune e necessarie in quanto relative ad una categoria di persone, quella degli immigrati, che, in Italia come in Europa, è al centro dello scontro politico e che sta cambiando, in Italia come in Europa, il volto e i sentimenti della società. La questione migratoria è certamente complessa e perfino epocale, ma di qui a destabilizzare gli assetti di un intero continente grande e ricco come l’Europa ce ne passa. L’analisi delle cause non può prescindere dalla constatazione della frequente strumentalizzazione che i partiti cosiddetti sovranisti e populisti fanno del fenomeno migratorio.

Proprio nel momento in cui scriviamo nelle acque del Mediterraneo alcune decine di migranti salvati da due navi della ong tedesca Sea Watch, stanno vivendo sulla propria pelle l’incapacità della politica europea di trovare un accordo sulla loro ripartizione tra gli Stati dell’Unione. Per la precisione sono 49 le persone – tra cui “quattro donne e tre bambini di uno, sei e sette anni, e quattro minori non accompagnati” – che dal 22 dicembre scorso attendono di mettere piede sulla terraferma. A dare questi dati è stata Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia. Le persone salvate dalla ong tedesca provengono principalmente da Costa d’Avorio e Nigeria. Prima di riuscire a fare la traversata hanno trascorso mesi di detenzione in Libia. Ora, su quelle navi al largo di Malta, sono praticamente sotto sequestro. La parola è forte, ma ben descrive il carattere paradossale e grottesco del braccio di ferro attualmente in corso. I cui protagonisti sono molteplici. Vediamo chi sono.

In primis c’è Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vice premier, che nega il consenso allo sbarco in un porto italiano. Poi ci sono i sindaci di alcune importanti città italiane come, ad esempio, quelli di Palermo e di Napoli. Leoluca Orlando e Luigi de Magistris hanno dato disponibilità ad aprire i porti. Quanto a Leoluca Orlando, va sottolineato il suo rifiuto di applicare alcune norme del cosiddetto decreto Sicurezza voluto da Salvini e recentemente divenuto legge dello Stato. Sulla scia di Orlando anche i presidenti di alcune regioni italiane hanno manifestato l’intenzione di rivolgersi alla Corte Costituzionale per porre quesiti in merito alla costituzionalità della legge. Toscana e Calabria lo hanno già fatto, Emilia Romagna e Piemonte potrebbero seguire a ruota.

Nel tentativo di contenere l’esuberanza di Salvini il vicepremier Luigi Di Maio ha avuto la brillante idea di proporre l’improponibile separazione dei nuclei familiari: “Italia aperta solo a donne e bambini”. Parole retoriche che riflettono il tentativo, peraltro malcelato, più di compiacere elettori e parlamentari del M5S che di trovare una vera soluzione alla situazione. La replica di Salvini – “su questa materia decido io” – ha evidenziato  una volta di più le contraddizioni di un governo bicefalo presieduto da un premier, Giuseppe Conte, con bei compiti di rappresentanza, ma privo di potere decisionale.

Questo è il quadro sintetico dello scontro in atto – lo ripetiamo – nel momento in cui scriviamo e cioè domenica 6 gennaio. A latere gli appelli, espressi nella stessa giornata odierna, del medico di bordo della nave Sea Watch 3 Frank Dörner, che ha rimarcato la gravità della situazione, e quello “accorato” di Papa Francesco rivolto con risolutezza e non senza una punta di indignazione ai leader europei.

Al di là dei conflitti e degli accordi della politica, la vicenda delle 49 persone in attesa di sbarco è espressione della crisi di valori in cui vive il vecchio continente. Il populismo affonda le sue radici in tale crisi e i politici che ne fanno uso ci sguazzano mietendo consensi. Sta agli elettori capire e smascherare coloro che sono in malafede.

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