I rigatoni alla Pajata: dagli scortichini a Sordi fino al “divieto”

Nello storico film  “Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli, Alberto Sordi si abbuffava con uno dei piatti più tipici della tradizione culinaria romanesca: i “Rigatoni con la Pajata”.

Oggi vi proponiamo la ricetta originale, come sempre corredata da qualche cenno storico.

Utile specificare che la ricetta originale usa come ingrediente fondamentale il vitello, ma dal 2000 dopo l’esplosione de fenomeno della “mucca pazza”, attualmente si utilizza l’intestino d’agnello.

La nascita 

Questo piatto trova la sua origine  tra il popolo di Roma e del Lazio, anche se per antonomasia viene considerato il simbolo del Testaccio.

Nella Roma papalina, secondo la storica Marina Formica, nonostante la povertà diffusa si mangiava “il doppio più carne e vino che consuma Napoli benché quella città sia il doppio più grande”. 

L’usanza di mangiare il “quinto quarto” si deve, secondo alcuni storici, all’influenza della cucina ebraico-romana. 

Essendo un piatto povero e veloce, (vengono utilizzate le parti meno pregiate dell’animale), ma al tempo stesso molto saporito, era infatti molto apprezzato dal popolo.

In particolare, i rigatoni con la Pajata erano consumati dagli “scortichini”, i lavoratori dell’antico Mattatoio di Testaccio che, a fine giornata, oltre alla misera paga ricevevano  il cosiddetto “quinto quarto” ovvero gli scarti delle carni macellate (interiora, zampe e lingua). 

Essi a fine turno si recavano nelle osterie e chiedevano ai cuochi di preparare delle pietanze sostanziose con cui sfamare la prole.

Proprio gli “scortichini” furono tuttavia i responsabili del declino di questo piatto, verso la fine del ‘700, poiché le autorità tendevano ad allontanarli dal centro per motivi igienici.

Per questo la tradizione della pajata, nell’Ottocento, si concentrerà prevalentemente al Testaccio.

Cos’è la Pajata?

Si tratta dell’intestino tenue del vitello da latte, o del bue, che contiene al suo interno “il chimo” la sostanza che conferisce il tipico  sapore.

Proprio per evitare la dispersione del sapore, durante la cottura la pajata viene annodata.

Per prepararla, si usa il secondo tratto dell’intestino tenue, denominato “digiuno”.

I rigatoni con la pajata:  

Dopo aver tagliato l’intestino a pezzi formando ciambelle o piccole salsicce, si fa cuocere il tutto in padella, con olio extravergine d’oliva, sale, cipolla, carota, sedano, aglio e peperoncino.

Successivamente si fa rosolare a fuoco lento per circa 10 minuti, sfumando di tanto in tanto con del vino bianco. 

Si aggiunge la passata di pomodoro e si lascia cuocere per un paio d’ore, a fuoco basso, mescolando spesso e aggiungendo dell’acqua calda se necessario, fino ad ottenere un sugo densissimo.

Infine si può procedere alla cottura dei rigatoni, che andranno ripassati in padella con l’aggiunta del pecorino romano.

Come secondo

La pajata si può anche consumare come secondo piatto, in arrosto, cosparsa di strutto, cotta alla brace e condita con sale e pepe, al forno, con patate aromatizzate al rosmarino.

Fonte foto: lacucinaitaliana.it

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