Guccini: di nuovo a teatro, omaggio al grande poeta del verso

Guccini a teatroOmaggio al poeta del verso, Guccini.

L’Emilia Romagna, terra coriacea, orgogliosa, onesta,una terra dalle mille sfaccettature, che gode di luoghi di mare e montagna, di città intime ma piene di vita, di piatti prelibati e prodotti gastronomici di prima qualità, arte, mostre, Storia.

Terra di grandi personaggi, come il Guccio.
E il Guccio ritorna: dal 13 al 15 gennaio 2017 va in scena a Teatri di Vita, a Bologna, “Guccio!”, un live, concerto teatrale di dedica e omaggio al grande poeta e cantautore Francesco Guccini.

Tanti i successi, Il vecchio e il bambino, La locomotiva, anarchica ballata di malinconiche nostalgie e desideri e tante altre canzoni e storie raccontate dal cantautore emiliano che rivivono in questo spettacolo originalissimo scritto e diretto da Giuseppe Gandini, con Valentina Bruscoli, insieme a un gruppo musicale di grande rispetto: Roberto Manuzzi (per 25 anni collaboratore di Guccini), Germano Bonaveri e Antonello D’Urso.

Il linguaggio della poesia di Guccini ed in particolare della poesia letta ad alta voce ben si sposa a luoghi appartati, alla Storia, strofa sanguigna che invita al raccoglimento e  all’ascolto del verso poetico del Guccio.

GucciniAscoltando il Guccio, come lo chiamano i fans più appassionati ed intransigenti, andiamo con la mente ad antichi sapori e profumi, all’idea di quella lettura dei versi “dalle finestre degli antichi borghi”, lettura di versi poetici popolari, dialettali, colti, raffinati, crudi, poeti contadini, antiche saggezze, profondi intenti, memorie e magie.
La storia a teatro ruota intorno a un’improbabile coppia che assiste a un concerto di Guccini “nell’anno di grazia 1996”.

Lui è un fan sfegatato, lei non lo conosce nemmeno, ma accetta l’invito (tutto quel che sono stati quegli anni, gli anni delle lotte studentesche e dei profondi ideali, Eskimo) è in quelle parole. La “rivolta fra le dita” che sembra sposarsi a meraviglia col “potere scagliato dalle mani” di Fabrizio de André.

Lei, la fidanzata, va al concerto per assecondare il suo simpatico ed idealista compagno di università della Facoltà di Lettere di Bologna. Tra loro non succederà assolutamente nulla, nemmeno un bacio, ma nulla dopo il concerto sarà più come prima: quello che non accade viene “guccinianamente” raccontato come molto rilevante, spiazzante, divertente, per la vita reale.
Alla mente, “Eskimo“, gli anni dell’utopia feroce e spiazzante, versi con cui Guccini richiama gli anni intorno al ’68, una storia narrata a teatro che ci rimanda al periodo in cui lui era sposato con Roberta, alla quale si rivolge nel testo. Guccini, eterno poeta, ogni live con il rigoroso bicchiere di vino arguto in mano, mescola il privato con il politico in una canzone pervasa da malinconia, ma anche di ironia, il privè dell’intelligenza. Quell’eskimo comprato da Guccini a Trieste, diventato il simbolo dell’inappartenenza al mondo borghese in contrasto con l’elegante cappotto di lei.

Una canzone di addio anche, e di rivolta ad un tu ormai assente ed a un lei ormai sconosciuto “soggetto” d’amore.

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