La Grande Guerra come simbolo di 102 anni di conflitti

giornale_grandeguerra439_thumb400x275Il 28 luglio 1914, ben 102 anni fa, scoppiò la Prima Guerra Mondiale,  il più grande conflitto armato mai combattuto fino allo scoppio della Seconda guerra. Chiamata inizialmente dai contemporanei guerra europea, con il coinvolgimento successivo delle colonie dell’Impero britannico e di altri paesi extraeuropei tra cui gli Stati Uniti d’America e l’Impero giapponese, prese il nome di guerra mondiale o anche Grande Guerra.

28 luglio 1914 – 11 novembre 1918

Il conflitto si aprì con la dichiarazione di guerra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo; si concluse, oltre quattro anni dopo, l’11 novembre 1918. A causa del gioco di alleanze formatesi negli ultimi decenni dell’Ottocento, la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e le rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte, gli Imperi centrali (Germania, Impero austro-ungarico, Impero ottomano) e, dal 1915, la Bulprima-guerra-mondiale2garia; dall’altra gli Alleati rappresentati principalmente da Francia, Regno Unito, Impero russo e, dal 1915, Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa) di cui oltre 9 milioni caddero sui campi di battaglia; si dovettero registrare anche circa 7 milioni di vittime civili, non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie. La guerra si concluse definitivamente l’11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l’armistizio imposto dagli Alleati. I maggiori imperi esistenti al mondo – tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo – si estinsero, generando diversi stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica dell’Europa.

102 anni dopo, è guerra

Questa cronistoria, che più o meno tutti abbiamo letto sui libri di scuola, sembra oggi essere rivissuta e risentita da tutti. Una sfortunata riscoperta di una possibile guerra, che seppur in modalità diversa dall’epoca, sta alimentando la paura del terrore, e la costante crescita di una incertezza sociale.

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«Il fenomeno più sconvolgente nel mondo attuale è l’aumento crescente e irresistibile della violenza privata, esercitata da gruppi eversivi, siano essi politici, o criminali come la mafia». Queste le parole di Norberto Bobbio che fotografano la nostra situazione mondiale in maniera mirata. E’ certo che, dopo 102 anni di storia, con varie innovazioni tecnologiche ed un bagaglio bellico non indifferente, pare non sia cambiato molto. E gli attentati degli ultimi di giorni dimostrano, come in un ossimoro, quanto vulnerabile è diventato questo enorme grande fratello orwelliano, in cui ognuno di noi pare impazzire da un momento all’altro, come se fosse un robot. Non è solo la chiave del terrore da prendere in considerazione. Quello che sociologicamente si sta concretizzando è un fenomeno deviante, che lo stesso Becker, chiamò Outsiders. Stiamo assistendo ad un costante e crescente fenomeno degenerativo dell’essere umano, dove l’entità umana sta lasciando spazio ad una forma di finto potere manifesto. Una macchina umana pronta ad esprimersi ad ogni costo, in ogni forma, in ogni luogo. Non sarà lo Stato di polizia a governare, anzi fermare, folli emergenti che con una valigia in mano, o uno zainetto, fanno saltare metropolitane, tram, aerei. Questa incertezza globale deve essere necessariamente accompagnata da una pianificazione socio-politica europea, e globale.

Quanto di vero ci sia in tutto questo?

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La domanda che ci poniamo spesso è: chi c’è dietro l’attentato del finto gelataio di Nizza che è entrato in pieno centro con un tir, provocando la morte di 84 persone? Le domande sarebbero davvero tantissime, perché ognuna di essa sarebbe da ricongiungere ad un’altra, una specie di reazione a catena che non verrebbe mai luce. Ma forse, anche dietro tutto questo spargimento di terrore, bisogna comprendere che la paura non deve prendere il sopravvento sulle nostre vite. Non dobbiamo diventare omertosi, così come volle e continua ad ottenere il sistema della criminalità organizzata. Dove c’è disperazione ci sono interessi illegittimi che non vedono l’ora di soprassedere sopra le nostre coscienze, e i nostri bisogni. Sapevamo tutti che dopo la fine della Guerra Fredda, qualsiasi altra guerra combattuta sarebbe durata meno di 24 ore data l’immensa portata di distruzione delle stesse armi. Per questo il nucleare continua ad essere terreno fertile fra le più grandi potenze mondiali, ma non potendo combattere sui fronti, nelle trincee e con armi a polvere da sparo, si è arrivati ad un altro tipo di guerra, quella economica che forse è molto più lancinante e terrificante di un colpo di pistola.

Un’ultima illusione?

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Ci troviamo a combattere la guerra delle classi, fra chi ha preso tanto e chi sta perdendo tanto, un’intesa stringente e di corto respiro. La modernità liquida, che provocando debiti internazionali e default bancari, ha costretto l’individuo a vivere in una società priva di qualsiasi certezza. Il materiale ha perso, l’intangibilità ha vinto. Una negoziazione a somma zero, dove c’è chi perde e chi vince. Ma quale vittoria potrebbe essere di gloria senza futuro? Quale generazione stiamo formando e consegnando per il  futuro? La tecnologia deve essere uno strumento di realizzazione, e non l’unico ed il solo. Basti pensare a quanti posti di lavoro sono scomparsi per la tecnologia, e quanti ve ne saranno ancora, centinaia di miglia. Allora la domanda che dobbiamo porci è se la direzione in cui stiamo andando è davvero quella giusta: Ognuno di noi risponderebbe con un secco no. Allora  se così fosse, quanto detto è frutto di una manipolazione di potenti o di libero arbitrio? L’unica possibile proposta realistica è quella di mirare alla invenzione di nuove istituzioni e di nuovi strumenti di azione che permettano di risolvere senza bisogno di ricorrere alla violenza i conflitti sociali. Ogni gruppo politico tende a considerare giusta la guerra che egli fa e ingiusta la pace che subisce. Quanto poi al tribunale della storia, non è la giustizia o l’ingiustizia ma il successo.

Quante volte ci siamo illusi che la guerra che si stava combattendo sarebbe stata l’ultima?

 

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