Genova, disastro annunciato

alluvione_genova_4_novembre2011L’autunno per l’Italia negli ultimi anni, se non decenni, ha segnato un tragico appuntamento con frane, alluvioni, fenomeni atmosferici violenti, ma soprattutto vittime, troppe.  

Una scellerata e sconsiderata pianificazione territoriale, con edificazioni che non hanno mai considerato i problemi del suolo, insieme a cambiamenti climatici sempre più spinti e violenti, creano un mix letale, contro cui è difficile difendersi, se non con una radicata e attenta prevenzione su tutto il territorio nazionale.

Va aggiunto inoltre la grande difficoltà di “sanare” eventuali situazioni a rischio. Progetti sulla carta ce ne sono molti ma sia per la crisi economica, sia per l’incapacità cronica di dare corso ai progetti stessi, gare d’appalto bloccate, reclami ai TAR che durano anni, suddivisione dei lavori in “lotti” finanziati, che spesso per mancanza di fondi restano opere incompiute finiscono per vanificare qualsiasi tentativo di “messa in sicurezza” delle aree più a rischio.

Il problema è che il rischio idrogeologico in Italia non è mai stato considerato un vero problema.

Purtroppo oggi è ancora diffusa una logica perversa quanto pericolosa, quella del “speriamo che qui non accada”, una speranza che ha portato l’uomo a stabilire un rapporto impari e sbagliato con la Natura, una speranza che ha vita breve e che ben presto si trasforma in distruzione, morte, rabbia con accuse reciproche.

Per dissesto idrogeologico si intende l’insieme di quei processi morfologici dall’azione altamente distruttiva sul territorio poiché avvengono in tempi notevolmente rapidi.

Si tratta di frane, erosioni e alluvioni, il più delle volte causati dall’azione stessa dell’uomo, che ne è anche vittima: abusivismo edilizio, disboscamento indiscriminato, cementificazione selvaggia, agricoltura intensiva e molte altre attività nocive all’ambiente.

Gli effetti non possono che essere devastanti sul suolo, sulle opere e sull’uomo stesso.

Il Servizio Geologico Nazionale conferma come l’Italia per la sua conformazione eterogenea e molto accentuata è pericolosa: infatti appena il 21% del territorio italiano è costituito da pianure, il 40% da colline, il 39% da montagne: Il territorio Italiano è altamente franoso, dovuto soprattutto alla sua configurazione geomorfologica, frutto delle spinte geodinamiche della crosta terrestre.

Tali forze sono ancora attive e i terremoti e i fenomeni vulcanici che interessano ripetutamente l’Italia ne sono ulteriore dimostrazione: la penisola italiana nel suo complesso è uno dei territori geologicamente più giovani e dinamici d’Europa.

Sempre secondo una ricerca condotta dal Servizio Geologico Nazionale (SGN), in un arco di tempo compreso tra la fine del secondo dopoguerra e il 1990, (non sono considerati quelli del nuovo millennio) il costo in termini di vite umane a causa dei disastri idrogeologici (frane) ha raggiunto la drammatica cifra di 3.483 unità.

I comuni italiani colpiti dal dissesto idrogeologico, sempre nel medesimo periodo, sono non meno di 4.568 (56,5% del totale nazionale), cui corrispondono circa 194.500 kmq (65% dell’intero territorio italiano).

Le conseguenze dei fenomeni franosi assumono una rilevanza tale da rappresentare un vero e proprio problema socio-economico: Con una media di 59 vittime all’anno per frana nell’ultimo secolo l’Italia risulta al 4° posto nel mondo tra i paesi più colpiti dopo i paesi andini, la Cina e il Giappone.

Il nuovo rapporto Ance-Cresme sul dissesto idrogeologico, afferma che tra il 2002 e il 2014 si contano 293 morti, 24 solo l’anno scorso. Dal 2002 a oggi si sono verificati quasi due mila episodi di dissesto e il 2013 ha fatto registrare un triste primato con 351 eventi tra frane e alluvioni.

Il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni dal 1994 a oggi è di 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi l’anno –

Altra temibile conseguenza dell’ormai tristemente noto dissesto idrogeologico è rappresentata dalle alluvioni, che spesso si manifestano in concomitanza con gli eventi di frana, rappresentando una sorta di letale binomio inscindibile.

I principali fattori che provocano le alluvioni sono il cambiamento del regime delle precipitazioni e dei parametri idrologici, tra cui: diminuzione dei tempi di corrivazione (il tempo che le acque di afflusso meteorico impiegano per raggiungere una data sezione fluviale che sottende un bacino, partendo dai punti più lontani dello stesso.), Impermeabilizzazione del suolo. Aumento della velocità delle acque, minori capacità di ricezione e di contenimento delle acque per la riduzione degli spazi d’alveo con una diminuzione delle aree golenali, sede naturale di espansione delle piene.

In termini più semplici l’enorme sviluppo dell’urbanizzazione, delle infrastrutture e delle attività economiche ha determinato un’estesa impermeabilizzazione del territorio, con conseguente “ruscellamento” in superficie senza controllo.

Il cambiamento nel regime delle precipitazioni è da collegarsi a sua volta ai cambiamenti climatici, che determinano sempre più spesso un aumento della ricorrenza delle piogge “a carattere alluvionale”, quindi delle piogge che tendono ad avere un’intensità maggiore ed una durata minore.

Le cosiddette “bombe d’acqua”.

Gli interventi normativi previsti per il risanamento delle zone a rischio, si perdono in sovrapposizioni di compiti, di enti da quelli statali a quelli regionali ed enti preposti.

Purtroppo la maggior parte degli stanziamenti resta inutilizzata, infatti, solo il 4% degli interventi anti-dissesto finanziati con fondi speciali negli ultimi quattro anni è stato portato a termine, mentre il 78% delle opere è in fase di progettazione o affidamento: dunque ancora molto lontano dal cantiere.

Al contrario le spese per edificazione continuano inesorabilmente, aumentando le zone a rischio.  I danni di questo mancato equilibrio tra controllo ed investimenti continuerà a pagarli la collettività.

di Gianfranco Marullo  

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