Gaza sotto assedio: i droni rischiano di raderla al suolo

Drone-Heron

Gaza. Proseguono gli scontri in territorio palestinesi e dall’inizio dei bombardamenti aerei, navali e terrestri, sono oltre 135 le vittime, per lo più civili, vittime dell’offensiva “Margine Protettivo”.

A censire i caduti è il presidente palestinese Abu Mazen, che ha sottolineato come gli israeliani lancino i razzi verso “obiettivi mirati”.

Quello che non tutti sanno è che si tratta di una guerra impari, che mette a confronto da una parte lo Stato d’Israele, possessore di uno degli arsenali bellici più potenti del mondo, e la Palestina, stato povero e occupato in quella che oramai è divenuta una prigione di cemento e filo spinato.

Basti pensare che fra le armi più utilizzate dagli israeliani ci sono i droni, lanciati indistintamente su abitazione e ospedali.

A tal proposito ricordiamo che dall’inizio della scorsa settimana sono state rase al suolo 282 case, nove mila sono state danneggiate (260 non più abitabili) e fra le altre cose è stato distrutto un centro di carità per donne disabili.

Ad oggi sono stati lanciati oltre 2000 missili, sparati a distanza di tre minuti l’uno dall’altro.

Come non bastasse, dozzine di carri armati sono stati convogliati a Gaza, ormai letteralmente presa d’assedio dai militari. Anche se, doveroso sottolinearlo, i droni da soli potrebbero cancellare la città dalla cartina geografica molto facilmente.

L’obiettivo israeliano è quello di distruggere ogni infrastruttura politica e militare avversaria, per poi entrare con le forze armate, come accadde nel 2008-2009 durante l’operazione “Piombo Fuso”.

In parecchi pensano a fuggire dalla città (circondata nei pressi di Jabaliya), oltrepassando il valico di Erez o magari cercando di scavalcare il muro di Rafah con l’Egitto.

Intanto sabato l’ala militare di Hamas delle brigate Ezzedin al Quassam, ha precisato che verranno utilizzati razzi J80 mentre Hamas e Jihad si impegnavano a lanciare razzi verso le città israeliane del Nerghev e del sud del paese in direzione Gerusalemme.

Insomma, nonostante i 15 membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu abbiano chiesto “il ripristino della calma e una ripresa del cessate il fuoco del novembre 2012”, la situazione sembra sfuggire di mano.

I diplomatici hanno infatti approvato una dichiarazione che in cui si chiede la ripresa dei colloqui tra le due parti.

In tutto ciò, gli Stati Uniti promettono di mediare tra Israele e Hamas, promessa che a dire il vero non convince gli israeliani, visto che al momento gli Usa non hanno alcun contatto con il movimento islamico palestinese, incluso negli elenchi delle organizzazioni terroristiche.

di Simona Mazza

Nella foto, esemplare di drone israeliano “Heron”: times.altervista.org

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