Francia, fine primo round… e adesso?

parigi-attentato-620x400E finita come doveva finire. Con la morte dei cattivi, la vittoria dei buoni. Gli assassini non si sono arresi e i reparti speciali hanno fatto il loro dovere. Il sangue si lava con il sangue.

E adesso? Cosa succederà?

E’ utile in questo momento fare alcune considerazioni. Va fatta una premessa.  Leggendo in questi giorni i giornali francesi, una cosa salta agli occhi, Al contrario della libidine investigativa che contraddistingue la stampa italiana, sulla stampa francese non è apparsa nessuna foto, nessuna ricostruzione della scena del crimine, nessuna teoria complottista.  Solo un grande dolore, per la morte dei giornalisti, una sensazione di sgomento, un chiedersi il perché di tanta ferocia, un bisogno quindi di capire, il perché di un attacco cosi violento e sanguinario.

La Francia si è sempre considerata il paese della libertà di pensiero, e questo attacco l’ha ferita mortalmente, nel suo profondo culturale nelle sua essenza del credo della libertà.

Il paese si è stretto intorno alle sue vittime, senza isterismi, senza una ricerca spasmodica di un colpevole su cui scaricare le colpe.

Se errori o sottovalutazioni da un punto di vista dell’intelligence ci saranno stati, non era quello il momento di parlarne. Solo dopo si potrà, a mente fredda, valutare gli errori e prendere  le eventuali decisioni.

In questo contesto anche in Italia si è scatenato il dibattito sul ruolo della religione islamica e le sue connessioni con il terrorismo. E qui il dibattito miope, che si è impantanato in una sorta di discussione tra i sostenitori di un Islam buono e di un Islam cattivo.

Nulla di più sbagliato.

Associare la religione islamica al terrorismo è un errore madornale. Non è la religione islamica a creare il terrorismo, ma è il terrorismo che sfrutta alcuni credo della religione islamica per coalizzare le forze verso un nemico.

Un nemico potente, economicamente forte, con armamenti estremamente sofisticati, basti pensare all’uso dei droni, ma che però manca di “fede”, che,  come dimostra la storia, è la base su cui si fondano le vittorie o le sconfitte.

Citare come tutti fanno Oriana Fallaci, ed il suo libro “Orgoglio e Pregiudizio” leggendolo in funzione anti islamica è un grave errore. L’accusa della Fallaci non era rivolta all’Islam, ma bensì all’occidente, che persi i suoi valori, sarebbe stato fagocitato da un mondo che i valori li ha, che li contraddistingue, che li unisce, e quindi prima o poi avrebbe avuto la supremazia sul mondo occidentale.

Ben diverso il pensiero della Fallaci da un anti islamismo di maniera. Le colpe sono dell’Occidente che rifiuta i propri valori, accettando supinamente un “relativismo ” culturale che porta alla fine alla perdita di una identità culturale.

Non entriamo nel merito delle discussioni sociologiche che rappresentano la religione come parte di un sistema legato all’insieme di configurazioni pisicologiche, religiose, culturali e semantiche  in cui una struttura sociale è razionalizzata e riprodotta nell’esperienza umana. Il tutto basato per citare una concezione “marxiana” dei mezzi di produzione, ovvero all’economia.

Lo scontro in atto non è uno scontro religioso, ma uno scontro economico gestito con i mezzi della guerra.

Da un lato l’occidente che ha giudicato le aree di interesse mediorientali, come elementi fondamentali per l’approvvigionamento di una materia prima insostituibile,  come il petrolio. Dall’altra le popolazioni di queste aree, che, se si esclude una minima parte vivono in condizione di forte indigenza economica e sociale.

Questa pace era stata garantita per anni da strutture politiche corrotte, e violente, ma che sostanzialmente garantivano all’occidente di poter lucrare economicamente sui proventi delle materie prime.

La storia insegna che nessun evento è scollegato ad un altro. Possono nel tempo non avere effetti immediati ma alla lunga possono esplodere improvvisamente.

Bin Laden prende coscienza nella guerra di Bosnia, dove vi furono massacri di mussulmani Shebrenica  e da alloro inizia la sua strategia che porterà all’attacco delle Torri Gemelle.

Pochi si ricordano la guerra Iran Iraq, che costrinse l’Iran allora appena insediato Komeini  a combattere contro Saddam, con milioni di morti. Uno scontro tra shiiti e sunniti anche allora, ma, sostanzialmente una guerra che garantì, alle grandi potenze una pax economica e continuando a mantenere i grandi ricavi economici.

La guerra in Iraq, ma ancora prima le sanzioni applicate contro il Paese ha definitivamente fatto crollare il sistema, distruggendo l’Iraq, e nello stesso tempo con effetto domino, anche altri Paesi come la Libia e la Siria.

La guerra in Siria ha dimostrato l’incapacità e le divisioni interne delle diplomazie occidentali di saper gestire una simile crisi, e da questo conflitto che l’incendio si è propagato.

La nascita del Califfato, è inutile negarlo è un progetto politico, il cui collante ideologico è quello di una visione religiosa integralista, dura,  che costerà lacrime e sangue, il  cui futuro è ancora tutto da definire, ma che alla fine potrebbe concretizzarsi.

La partecipazione dell’occidente a questi conflitti di fatto lo rende obiettivo di una guerra asimmetrica. Gli strateghi delle varie fazioni Al Quada, Isis ecc, lo hanno capito ed hanno pianificato una strategia di attacchi improvvisi, non facilmente  prevedibili.

Uomini e mezzi ci sono per far questo. La rete con i suoi social network è lo strumento migliore per la propaganda, arriva ovunque e chiunque può accedere. Se poi il messaggio passa attraverso strutture religiose, la ricerca di proseliti è molto più facile.

La guerra del terzo millennio è cominciata.

di Gianfranco Marullo

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