Esiste un gene che non fa sentire dolore?

dolori-premestruali-sindrome-premestrualeProvare dolore non è una sensazione piacevole, eppure serve a capire se qualcosa non va nel nostro organismo. Avvertiamo dolore grazie a terminazioni specializzate delle cellule nervose chiamate “nocicettori”, sparse in tutto il corpo.

Quando ci facciamo male, le cellule rispondono al dolore e creano immediatamente un segnale elettrico utilizzando speciali proteine ​​chiamate “canali del sodio”. Esse funzionano come delle “porte aperte” nella membrana che circonda la cellula nervosa, lasciate in un diluvio di ioni di sodio caricati positivamente.  E’ proprio il sodio a cambiare la carica elettrica del nervo. In questo modo, un segnale viaggia nel fascio di nervi, nel midollo spinale e nel cervello facendoci sentire la spiacevole sensazione.

IL GENE CHE NON FA SENTIRE DOLORE

Quasi tutti noi avvertiamo dolore, eppure esiste un rarissimo gene provocato da mutazioni differenti (ereditate uno dal padre e uno dalla madre), che rende insensibili al dolore.

In gergo medico si chiama Nav 1.7 ed è uno dei nove canali di sodio essenziali per trasmettere segnali di dolore. Ogni canale ha un suo gene che fornisce le istruzioni su come il canale stesso dovrebbe funzionare. Il gene per il canale Nav 1.7 è chiamato SCN9A. Una rara mutazione del gene SCN9A, fa sì che il canale del sodio smetta di lavorare, conseguentemente i segnali di dolore del corpo non vengono trasmessi al cervello. Le persone con questa mutazione genetica, oltre a non accusare dolore fisico (neanche a seguito di un trauma grave) non sentono alcun odore, ma sono in buona salute. Uno dei pazienti affetti dalla sindrome, ha raccontato che dopo essere stato travolto da una vettura, si è rialzato senza problemi, mentre l’auto era completamente distrutta.

Solo nel Regno Unito sono affetti da questa patologia circa un milione di persone.

SCLEROSTEOSI: LA SINDROME DELLE OSSA DURE

La “sclerosteosi” chiamata volgarmente “sindrome delle ossa dure” provoca una formazione eccessiva di tessuto osseo, che tende ad aumentare nel corso degli anni, anziché diminuire.

Chi ne è affetto è insensibile al dolore, ma al tempo stesso è soggetto a compressione dei nervi cranici, sordità e in certi casi a gigantismo. La casa farmaceutica “La Roche” sta lavorando su queste scoperte nel tentativo di creare una nuova classe di antidolorifici. Per farlo, gli scienziati stanno cercando di isolare una molecola che blocchi i segnali di dolore. Oltre alla casa farmaceutica La Roche, anche i ricercatori della società biotecnologia californiana Amgen (Applied Molecular Genetics) stanno studiando il gene. Secondo loro, se si riuscisse a bloccare la stessa proteina in pazienti con osteoporosi si potrebbe  contrastare la perdita di tessuto osseo che caratterizza la malattia.

I FARMACI ANTIDOLORIFICI DEL FUTURO

Intanto sono già nati dei farmaci inibitori. Uno di questi si chiama Venom ed è ricavato da molecole di veleno tossico estratto da lumache, serpenti, scorpioni e ragni. Come abbiamo detto, i nervi utilizzano 9 canali di sodio per mettere in comunicazione corpo e cervello. Bloccare un canale diverso dal Nav 1.7 potrebbe avere gravi effetti sul cuore, muscoli e sistema nervoso. Pertanto un trattamento con termini ed obiettivi troppo generici potrebbe essere fatale. A differenza dei farmaci tradizionali, le molecole che usano “Venom-derivati”  ​​possono colpire un obiettivo specifico, senza effetti collaterali indesiderati.Venom potrebbe essere dunque il farmaco del futuro, ma ad oggi gli scienziati non sono riusciti a isolare i peptidi (proteine) in modo abbastanza selettivo, per cui si corre il rischio di bloccare altri canali oltre al Nav 1.7 Un altro tipo di trasmettitore del dolore nel corpo è il canale TRP (Transient Receptor Potential Channels).

Secondo la ricercatrice farmaceutica del King College di Londra Julie Keeble, alcuni canali TRP sono influenzati da semplici ingredienti di cucina, come hot chilli peppers e olio di senape, ma possono anche essere attivati ​​da sostanze chimiche che si producono durante il dolore.

Partendo dallo studio del TRP si potrebbero sperimentare nuovi farmaci, ma ancora siamo lontani.

Non ci resta pertanto che attendere fiduciosi…

di Simona Mazza

foto: inerboristeria.com

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.