Enea e la profezia della Sibilla Cumana

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La letteratura è piena di figure che rappresentano l’imprevisto, la svolta inaspettata che devia la trama verso orizzonti che mai i personaggi avrebbero pensato di esplorare. Generalmente l’imprevisto è il motore della storia, complica, o più raramente facilita il raggiungimento di un obiettivo. Si presenta come il prodotto del caso o di un disegno inedito del destino. Ma cosa succede quando la sorte viene svelata prima del suo compimento? C’è ancora spazio per un’avventura degna di essere raccontata? La tradizione greco-romana, con i suoi oracoli e i suoi veggenti, ci insegna che una vicenda può suscitare interesse anche dopo che ne è stato predetto l’esito. Questo perché la realtà è molto più complessa della frase enigmatica di una Sibilla o una Pizia.

La profezia

Sono i dettagli e le piccole sorprese che passano tra le maglie degli eventi predetti a costituire la vera essenza di una storia. Esempio illustre è quello narrato nel VI Libro dell’Eneide. Enea — l’eroe troiano da cui leggenda vuole discenda Giulio Cesare e la sua gens — una volta approdato in Italia va a cercare la Sibilla Cumana per chiederle: «tu, o santissima vate del futuro presaga, dà (non ai miei fati inconcesso il regno) che i Teucri nel Lazio s’insedino, e i numi errabondi, gli dei perseguitati di Troia. […] Tu, prego, canta il futuro».

Alla domanda di Enea la Sibilla, posseduta dal dio Febo, risponde: «O finalmente sfuggito del mare ai gravi pericoli […] al regno Lavinio verranno i Dardani, scaccia quest’ansia dal cuore! ma non esser venuti vorranno. Guerre, orride guerre e spumeggiare il Tevere vedo, pieno di sangue: non Simòenta, né Xanto, né il dorico campo mancheranno: il nuovo Achille è già nato nel Lazio, anch’esso da dea. Né, contro i Teucri accanita, Giunone mai mancherà. Quando tu supplice, in mezzo al bisogno, quali genti fra gli Itali, quali città pregherai! Di tanto male per i pei Teucri donna straniera è ancora l’origine, ancora nozze straniere. Ma tu non cedere ai mali, affrontali, anzi, più ardito di quanto permetta Fortuna. La prima via di salute, né certo l’immagini, città greca aprirà». La predizione scandisce gli eventi dei sei libri successivi, ma sono solo uno scheletro da riempire con organi e tessuti.

La Sibilla Cumana

La Sibilla Cumana era una figura molto celebre nell’antichità. Sacerdotessa del dio Apollo predisposta all’arte divinatoria, nell’Eneide si presenta come una specie di divinità dalle caratteristiche infere. Virgilio la descrive come una vergine orribile, furente e rabbiosa nel momento dell’invasamento. Le sue profezie — di difficile interpretazione — sono «enigmi paurosi» accompagnati da una vera e propria trasfigurazione. Recita il verso 46 del Libro VI: «d’un tratto, né il volto le resta, né uno il colore, non pettinati i capelli, ma gonfia il petto l’affanno, fiero il cuore si riempie di rabbia, è più grande a vedersi né umana suona la voce, appena la investe la forza, ormai vicina del dio».

L’antro delle tenebre e il regno dei morti

La profezia della Sibilla è l’ennesimo intervento divino che segna l’avventura di Enea. Sull’onda del furore gli oracoli vengono gridati, rimbombano nell’antro oscuro, «il vero avvolgendo di tenebre». Tenebre è una parola chiave di questo episodio. Funge sia da metafora della poca chiarezza del responso oracolare che da ulteriore sottolineatura dell’oscurità fisica che pervade l’antro. L’antro della Sibilla Cumana  è il luogo sotterraneo in cui si trova la porta degli inferi, di cui la sacerdotessa stessa è guardiana. Nella tradizione infatti la veggente è legata anche alla figura della dea infera Ecate. 

«Tutto puoi, né te invano Ecate ha fatta custode dei boschi d’Averno» afferma Enea, quando le chiede di farlo scendere negli inferi per rivedere suo padre Anchise. La Sibilla acconsente dandogli la possibilità di superare il limite di una dimensione inaccessibile all’uomo comune. Ma come sappiamo Enea non è un personaggio comune. È destinato a un futuro grande come la Roma che Virgilio vuole glorificare con la sua opera. Un futuro che sempre nel VI Libro gli verrà prospettato dal padre Anchise per mezzo di una nuova profezia. Profezia che giunge al termine di un viaggio nell’Ade compiuto con successo solo grazie alle indicazioni della veggente. E così ecco che la Sibilla Cumana dopo aver predetto il futuro di Enea opera su di esso, agendo non solo sul destino del singolo, ma su quello di un grande impero. 

Foto di currens da Pixabay

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