Elezioni Usa 2020: per il Partito Democratico arriva il dilemma Bloomberg

Mike Bloomberg , il miliardario,  ex sindaco di New York, passato dai repubblicani agli indipendenti e infine schieratosi con i democratici,  è entrato ufficialmente nella campagna elettorale per la Nomination del Partito Deocratico.

Non parteciperà alle votazioni nei caucus del Nevada, ma sarà a Las Vegas dove sarà presente, per la prima volta, ad un dibattito in TV con altri cinque candidati democratici.

Sarà sicuramente un esordio difficile per Bloomberg, perchè subirà pesanti attacchi da parte dei suoi avversari. Questo confronto sarà una prova cruciale per la sua candidatura alla nomina del partito del 2020.

Saltando i primi Caucus, la strategia di Bloomberg è stata quella di puntare tutto sul Super Tuesday, ma se il dibattito televisivo non andasse per il verso giusto, la strada alla Nomination sarebbe tutta in salita.

I nemici giurati di Mike Bloomberg

Bernie Sanders che è in testa ai sondaggi nel Nevada, accuserà Bloomberg di conquistare voti solo grazie alle sue infinite finanze. Lo slogan sarà “la presidenza non si compra” Elizabeth Warren, è pronta alla battaglia, affermando che se si riesce a battere un miliardario come Bloomberg,  è la dimostrazione che anche Donald Trump può essere battuto

In effetti, Bloomberg essendo una delle persone più ricche del mondo per un valore di circa $ 64 miliardi, ha speso finora circa $ 300 milioni in pubblicità politica, molto di più di tutti gli altri candidati democratici messi insieme.

Le prime accuse

Ma come sempre succede, aumentando il profilo politico, partono anche le accuse. Bloomberg stato costretto a difendersi per il  suo sostegno, quando era sindaco di New York, alla tattica della polizia nota come stop-and-frisk, (ferma e perquisisci). Un metodo di controllo sulle persone, che secondo le accuse era usata dalla polizia  in modo razzista. A questa si aggiungono altre accuse come quella di aver impedito alle minoranze di poter ottenere mutui per le case durante la crisi economica del 2088.

L’entrata nella competizione elettorale di Bloomberg, al momento non sembra tranquillizzare l’establishment del Partito Democratico.

Qualora l’ex sindaco di New York  ottenga buoni risultati, non è detto però che riesca a compattare il partito, soprattutto gli elettori di Sanders e della Warren poco propensi a votare un miliardario.

Se al contrario Bloomberg non ottiene il successo sperato, resterebbe Sanders “il socialista”, come unico candidato, accusato anche all’interno del suo partito, di avere un programma confuso, poco realizzabile.

L’incubo dei democratici è che si riproponga quello che successe nel 1984 quando il candidato Walter Mondale, molto simile per i suoi programmi a Sanders, sfidò Ronald Reagan e i democratici persero in 49 Stati. 

Certo Trump non è Reagan, ma come ha dimostrato, è un osso duro, soprattutto adesso che ha ricompattato sul suo nome il Partito Repubblicano. I candidati del  Partito Democratico hanno posizioni troppo differenti per unire un elettorato, cosi varieggiato come quello statunitense,  e questo non prevede nulla di buono, anche con l’entrata in gara di un miliardario.

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