Elezioni: siamo nelle mani degli analfabeti?

Mancano solo un paio di settimane alle prossime elezioni amministrative e, come di consueto da qualche anno a questa parte, serpeggia sul web l’amarezza per la condizione intellettuale di molti aventi diritto al voto. Al grido de “il diritto di voto te lo devi guadagnare”, la pagina satirica Abolizione del suffragio universale conta ormai quasi 69.000 follower su Facebook ammaliati da una ironia tagliente e caustica. Ripercorrendo quella che ormai è una moda sostanzialmente consolidata, la pagina propone carrellate di immagini ritraenti stralci di conversazioni virtuali infarcite di malapropismi, errori grammaticali e concettuali, corredati da un commento che ricorda come il voto dei protagonisti degli strafalcioni valga quanto quello del lettore. Insomma, se ci si volesse fare un’idea dell’elettorato italiano basandosi unicamente sugli screenshot disponibili in rete dei commenti ai vari gruppi e figure politiche, esso ne uscirebbe decisamente devastato. Ma quanto c’è di vero?Elezioni

Tutta colpa dell’analfabetismo

Secondo i dati OCSE del 2013, il 47% degli italiani tra i 16 e i 65 anni di età, gran parte degli aventi diritto a partecipare alle elezioni, soffre di analfabetismo funzionale. Un dato drammatico se confrontato con quello degli altri paesi (si va dal 43% del Messico al 13,4% della Nuova Zelanda) se si pensa che l’apposizione ‘funzionale’ identifica una categoria di persone con un disagio ben più grave dell’illetteratismo. Gli analfabeti funzionali, infatti, non solo registrano deficit della capacità di usare efficientemente abilità di calcolo, scrittura e lettura nei vari frangenti della quotidianità, ma non sono, di fatto, capaci di comprendere, valutare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità (OCSE, 2013). Una piaga che trova giustificazione solo nell’esigua porzione di popolazione cui l’analfabetismo di ritorno si aggiunge a quello di tipo funzionale.

Qualche sparuto ottimista potrebbe a questo punto commentare che, in base alla relazione OCSE, il perno di un eventuale allarmismo andrebbe ricercato nell’attitudine sempre più latente degli italiani alla lettura. Una realtà che trova amara conferma nelle relazioni annuali dell’ISTAT: nel 2015 la quota dei lettori nel nostro paese risulta superiore al 50% solo nella fascia d’età che va dagli 11 ai 19 anni, mentre si attesta a un misero 42% la porzione della popolazione che nell’anno precedente l’intervista ha letto almeno un libro.

Dai libri, a Internet, all’urna.analfabetismo

I numeri pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica assumono rilievo per quanto pertiene la partecipazione politica se pensiamo all’enorme mole di italiani, che pur seguendo regolarmente l’informazione dei media televisivi, ricerca in internet programmi politici, interviste, approfondimenti, inchieste e smentite. Ciò al fine di formulare coscienziosamente la propria ipotesi di voto sfiduciati da un giornalismo popolare, peraltro, messo alla berlina da poco. Si può leggere, infatti, nello stesso rapporto pubblicato il 13 gennaio di quest’anno, che lettura e partecipazione politica vanno pari passo; fra i lettori di libri, le quote di coloro che coltivano altre attività culturali, praticano sport e navigano in Internet sono regolarmente più elevate rispetto a quelle dei non lettori (ISTAT, 2016). Sarebbe di conseguenza lecito immaginare che lo zoccolo duro di un elettorato che approfondisce seriamente le questioni politiche in previsione della chiamata alle urne, si sovrapponga largamente alla fetta di elettori abituati alla lettura quotidiana più che alla fruizione passiva dei mezzi di comunicazione “freddi” nei termini di McLuhan.

Votiamo?votazioni

A chiudere il quadro, abbastanza pessimistico, un ultimo numero, 32%. Si tratta della percentuale di italiani che hanno impugnato l’ultima, spuntata, arma della democrazia: la matita nel seggio elettorale. Ora sarebbe un esercizio sostanzialmente sterile inerpicarsi in complicate contorsioni matematiche per risalire a quanti di quei pochi milioni di connazionali eroicamente presenti il 17 aprile sia poi, di fatto, analfabeta funzionale. Resta solo un’incontrovertibile realtà di fondo: non leggiamo e non votiamo. E se votiamo probabilmente non ci siamo informati decentemente lasciando la nostra preparazione in merito alle elezioni in balìa della TV.

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