E tu di che sport sei?

Marathon, black silhouettes of runners on the sunsetHo iniziato a 6 anni con la ginnastica artistica, dove i risultati sono stati abbastanza deludenti, per poi passare al basket, all’atletica e quindi nuovamente al basket. Ho nuotato, ho saltato vertiginosamente su uno step e poi, a 40 anni, ho iniziato a rincorrere una pallina con una racchetta in mano.

Le varie attività sono state segnate da periodi della mia vita differenti tra loro. Ho iniziato ginnastica artistica da bambina, dove giocavo, saltavo e mi sentivo bella, volteggiando come una farfalla.

Peccato che al primo saggio di ginnastica mi sia schiantata contro un palo della palestra. Ho continuato fino a quando, dopo vari fallimenti “di spaccata”, ho preferito dedicarmi a sport più tagliati al mio fisico.

Non amavo la scuola, ma ho sempre amato gli allenamenti, il gruppo, infrangere le regole e rispettarle, perché in caso contrario non si giocava. La preparazione atletica, correre nei parchi, era solo “pura fatica”. Diciamocelo chiaramente: ma chi è che si massacra con il fiatone solo per puro piacere?

I muscoli gridavano di dolore e tutto aveva il senso della sana competizione. La corsa era finalizzata al piacere dell’adrenalina della partita, dell’impegno che ti faceva sentire il sacrificio non pagato, ma ricompensato dalla responsabilità che ti assumevi in un campo popolato da ragazzi come te. E saltare gli allenamenti era una tua esclusiva responsabilità.

Oggi, nel mio mondo, perché ognuno di noi è scuola del suo vissuto, ho cambiato il mio sguardo.

Dov’è il mio sport? Quello che mi teneva lontano dal fumo e dalla strada, quello che mi dava un obiettivo spesso irraggiungibile, ma che mi faceva comunque sognare?

Mi distraeva dalle cinque ore passate seduta su un banco a seguire lezioni teoriche, statiche e noiose. Non si parlava di alimentazione sana, è vero! Si mangiavano panini prima di andare in motorino ad allenarsi. Ora lo sport, laddove superata l’infanzia continua, è diventato una disperata ricerca del trofeo, del campione, o un’ossessione alla perfezione fisica.

I parchi sono pieni di giovani e diversamente tali, che quotidianamente percorrono chilometri con cuffie e cerate “superantitraspiranti” per sudare fino alle ultime gocce dei 2 litri di acqua “consigliata”, che avranno bevuto o dovranno finire di bere durante la loro giornata. La maggior parte dei bambini sono particolarmente dotati e passano all’agonismo.

Fisico, talento, risultato, performance, coaching. Vuoi ottenere il tuo risultato? Corri, fatti un programma, sii costante … SEMPRE!

Rivoglio il mio sport; rivoglio mio padre che se non ho voglia di allenarmi mi lascia libera di non farlo; la squadra, il mio allenatore che detta le regole morali e non solo di prestazione. Lo sport aggregante dove i bambini ed i ragazzi sperimentano il proprio corpo senza interferenze di noi adulti. E poi smettiamola di chiamare sport quell’ossessione quotidiana per la corsa! Mi dispiace, non ci sto. Non credo che questo sia sport.

Il controllo del peso; i corsi strapagati; i personal trainers; ditemi dov’è il divertimento e, soprattutto, spiegatemi qual è l’obiettivo. Il sacrificio dello sport ha un senso quando ci rende persone migliori non solo all’esterno, ma soprattutto dentro di noi. Ragazzi: praticate lo sport come gli antichi. Il resto, fatelo fare alle macchine.

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