E tu che mito sei?

La mitologia (dal greco mythos, favola, e logia, discorso) studia, attraverso un linguaggio segreto, le narrazioni sulla creazione del mondo, delle cose, degli dei, dell’umanità ed i metodi per tutelare la spiritualità operante del genere umano. 

Per quanto il mito possa apparire “fantasioso”, esso rappresenta degli archetipi universali, atemporali e geograficamente delocalizzati.

I miti iniziano infatti solitamente con espressioni quali: “in illo tempore”, “in origine era”, quando ancora non c’era tempo”, laddove il tempo è visto come un attimo divino e sacro, che abbraccia le epoche più remote, il mondo presente ed il futuro. 

La sua caratteristica più peculiare è tuttavia quella di esprimere elementi dell’inconscio collettivo, del sentire dei popoli, della cosiddetta “anima mundi” che influenza le azioni e trova riscontro nella personalità individuale.

Il mito nasce con l’uomo ed è sempre attuale

Già nel 1868 l’etnologo tedesco Adolf Bastian, ben prima di Jung, formulò l’ipotesi secondo cui tutti i temi mitologici fondamentali sarebbero i “pensieri elementari” dell’umanità.

In un periodo in cui l’uomo non conosceva ancora le leggi che governavano la natura, non riusciva a spiegarsi il perché della vita e della morte, non distingueva il bene dal male e le immagini scomposte che provenivano dal mondo, trovava nel mito il senso della realtà. Anzi, il mito era proprio dettato dal bisogno di spiegarla, superarla e risolverla.

Oggi faremo un breve viaggio nella mitologia greca per capire come le specificità caratteriali degli Dei dell’Olimpo abbiano a che vedere con la nostra indole e con la nostra psicologia collettiva, scoprendo che il mito si trasforma ma non muore mai…

Quale idea di mito hai e chi ti senti?

Analizzando la mitologia greca, la psichiatra e analista Jean Shinoda Bolen, ha identificato diversi modelli archetipici femminili.

Era, Demetra e Persefone ad esempio sono delle deevulnerabili”, che trovano cioè piena realizzazione solo attraverso altre persone. Era ad esempio, moglie di Zeus, incarna l’Idea (platonicamente parlando) della moglie di “rappresentanza”, la donna del potente, la donna gelosa e ahimè cornuta, di facciata, simbolo del focolare domestico.

Artemide, Estia e Atena sono deeinvulnerabili”, che si realizzano pienamente senza l’appoggio di nessuno. 

Esse dunque sono l’archetipo della libertà, dell’emancipazione e dell’indipendenza affettiva delle donne.

Afrodite invece incarna le dee vulnerabili e invulnerabili contemporaneamente. Per quanto infatti Afrodite venisse collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, non fu mai la Dea dell’amore coniugale, diversamente da Era.
Di contro rappresenta l’amore passionale.

Semele, una delle tante amanti di Zeus e madre di Dioniso, incarna la perenne “seconda”, colei che scalda il cuore, il letto ma che non entrerà mai di “ruolo” nell’istituzione delle nozze.

Circa gli uomini, si possono tracciare due archetipi principali, gli dei padri, ovvero Zeus, Poseidone e Ade, figure che incarnano il potere e gli dei figli Ares, Dioniso, Ermes, Apollo, Efesto, che rappresentano le caratteristiche minori dell’individuo “medio” (rispettivamente l’attaccabrighe impulsivo, il vizioso e mistico viaggiatore, il viaggiatore intelligente e sfuggente, l’eterno giovine amante dell’ordine e della ragione, per finire Efesto l’inventore solitario.

Oltre agli dei, il mito del passato include anche dei personaggi umani, archetipi a loro volta di caratteristiche riscontrabili negli individui. Basti pensare ad Ulisse.
Simbolo dell’eterno peregrinare e della scoperta, l’eroe omerico incarna l’idea del sedotto e del seduttore che non trova mai una casa, ovvero la pace del focolare domestico. La ninfa Calipso, innamorata di Ulisse, rappresenta la donna continuamente sedotta e abbandonata.

Arianna, raffigura la donna tradita per eccellenza e infine Pentesilea, la feroce regina delle amazzoni, simboleggia l’indipendenza e se vogliamo la “parità di genere”. Uccisa da Achille dopo un duello mortale, il Pelide rimase stordito dalla sua bellezza e preso dal rimorso si sarebbe pentito di averle dato la morte.

Achille, nella rappresentazione di questo mito diventa l’archetipo dell’uomo che fa soffrire la donna amata.

L’elenco degli archetipi sarebbe lunghissimo, ma quelli appena citati rendono bene l’idea.

Perché è importante riconoscersi in un mito?

Poiché gli archetipi sono dei modelli innati, che plasmano gran parte del carattere di una persona, conoscerli permette di intuire i modelli comportamentali o meglio le diverse “visioni” sulle infinite possibilità di nuovi scenari che un individuo realizza, consapevolmente o meno.

Meditazione per richiamare il nostro mito 

La meditazione ci aiuta a sprigionare la creatività e ci consente di entrare in connessione con la parte più profonda, intuitiva e viscerale di noi stessi, portandoci a trovare consapevolmente il mito che più ci rappresenta.

E tu in quale mito ti ritrovi?

Foto di Stefan Keller da Pixabay

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