E’ morto Mario Frigerio: il testimone chiave della Strage di Erba

frigerioimage - CopiaUndici dicembre 2006, sono circa le otto di sera, un abitante si affaccia alla finestra del suo appartamento e vede uscire del fumo da una palazzina di fronte. E’ un volontario dei vigili del fuoco, sa come muoversi tra le fiamme. Traversa il cortile, sale le scale sente delle urla vede un uomo rantolante per terra che gli fa segno di salire le scale, vedono una donna a terra, sulla porta di un appartamento avvolto dalle fiamme.

Il fuoco divampa furioso e i primi soccorritori sono costretti a scendere visto che il fumo non permette di respirare.

Quando i vigili del fuoco risusciranno a domare l’incendio, si arriverà alla macabra scoperta. Un bambino la sua mamma, le nonna facenti parte della famiglia Castagna, e una vicina di casa Valeria Cherubini verranno trovati uccisi a sprangate e coltellate.

L’incendio è una messa in scena. Un metodo usato dagli assassini per distruggere le tracce della strage.

L’unico sopravvissuto è Mario Frigerio (foto) un pensionato che abitava con la moglie Valeria Cherubini, al piano di sopra dell’appartamento dove è avvenuta la strage.

Allarmato dal fumo insieme alla moglie scende le scale, incontrando gli assassini che uscivano dall’appartamento dei castagna. La sua fortuna e che la sua carotide era spostata naturalmente e quindi il colpo inferto alla gola dall’assassino/i non è stato letale.

Non sarà cosi per sua moglie che cercando di fuggire tenterà di risalire le scale, per rifugiarsi nel suo appartamento. La sua fuga sarà vana. Anche lei verrà massacrata a coltellate. Olindo-e-Rosa

Le indagini all’inizio puntarono sul marito della Castagna, Azouz Mazouk immigrato tunisino, più volte arrestato per spaccio di stupefacenti, sospettando che fosse lui l’autore della strage. Ma questa pista fu immediatamente abbandonata visto che Azouz quella sera non era in Italia. La notte stessa i sospetti si indirizzarono verso due vicini di casa Olindo Romano e Rosa Bazzi (foto a destra) che abitavano nella stessa Corte e con cui i Castagna avevano più volte discusso anche animatamente per banali motivi di rumori molesti. Si era anche arrivati alle querele.

Il loro alibi era vago, non erano in grado di dire dove fossero al momento della strage, dicevano di essere andati a Como guardare le vetrine, e poi a mangiare da Mc Donald, e quindi visti anche i trascorsi non buoni con le vittime potevano essere degli ottimi sospettati.

Nella stessa notte la loro macchina verrà sequestrata dai CC, verranno messe delle “cimici” all’interno, per ascoltare le loro conversazioni. La stessa cosa sarà fatta nella loro abitazione.

Intercettati per quasi un mese nulla risulterà a loro carico, nessuna frase che potesse far pensare che fossero loro gli autori della strage.

 E Mario Frigerio l’unico sopravvissuto? In realtà lui non perde mai conoscenza, e pochi  giorni dopo il fatto il PM di turno lo va ad interrogare in ospedale.

La sua testimonianza è abbastanza logica, ricorda poco di quei momenti, solo il fumo dell’incendio, la porta che si apre, un uomo gli salta addosso, i colpi e la coltellata.

Però una cosa la ricorda abbastanza bene, i tratti somatici dell’aggressore. “Quell’uomo ha estratto un coltello e mi ha tagliato la gola. Posso descrivere l’uomo come segue: corporatura robusta, tanti capelli corti neri, carnagione olivastra, occhi scuri, senza baffi, era vestito di scuro, ma non so precisare il colore.”

Alla domanda del giudice se l’avesse mai visto prima risponde di no.

Quindi una deposizione, lucida, lineare, chiara, compatibile anche con il suo stato di salute. Tutta la sua deposizione viene perfettamente registrata e trascritta agli atti.

Pochi giorni dopo però, si presenta il M.llo dei Carabinieri che dirige le indagini per un nuovo interrogatorio.

Si passa da “ma lei conosce Olindo Romano?” la risposta e ovvia visto che abitavano nello stesso palazzo, e infatti Frigerio risponde affermativamente “che lo conosce di vista”.

Su insistenza del maresciallo, che lo aiuta a “ricordare” se per caso l’uomo che lo aveva aggredito fosse Olindo Romano. Dopo un paio di giorni Frigierio cambia versione e si ricorda “definitivamente” che l’uomo che lo aveva aggredito era Olindo Romano.

Versione che confermerà fino alla fine.

Peccato che nella prima descrizione parlasse di un uomo completamente diverso dal Romano.

In un processo senza prove scientifiche, quelle famose tipo BPA, impronte digitali, DNA, sarà la sua deposizione contro i coniugi Romano che li farà condannare definitivamente all’ergastolo.

Un processo, quello della strage di Erba che si è retto solo su deposizioni ritrattate.

Quella di Frigerio che prima descrive una persona e poi ritratta e ne descrive un’altra.

Quella dei Romano che prima “confessano” di aver commesso loro la strage, perché gli avevano promesso che se avessero confessato, sarebbero rimasti in carcere solo per pochi anni potendo stare in cella insieme, (sic),  ma poi ritrattano.

La Corte accettò solo la ritrattazione di Frigerio, mentre quella dei coniugi Romano fu considerata una semplice strategia processuale instaurata dai nuovi avvocati.

Nella psicologia della testimonianza, si afferma, che il ricordo di un testimone nell’immediatezza dei fatti, ovviamente se è in buona fede, corrisponde con altissima probabilità al vero, cioè che è altamente probabile che sia vero quanto sostiene di aver visto.

Al contrario, se un testimone, sempre nell’immediatezza del fatto, afferma di non aver visto nulla e cambia idea dopo sollecitazioni, oppure se indica una persona e, sempre in seguito agli interrogatori, ne indica un’altra, queste testimonianze basate su memorie ricostruite gradualmente nel tempo possono essere “manipolazioni della mente”. Ricostruzioni razionali che a quel punto possono non essere probanti per una condanna.

Ma perché Mario Frigerio cambiò la sua versione? Possibile che non avesse riconosciuto da subito, il suo vicino di casa, mentre veniva aggredito con un coltello?

Non poteva non riconoscerlo immediatamente, visto che in quella casa, vi abitavano solo quattro famiglie e lui abitava insieme ai Romano da quasi sei anni. Ma soprattutto perché, in un primo momento fa una descrizione così diversa ma così precisa del suo aggressore?

Cosa lo convinse ad accusare Olindo Romano, facendolo condannare all’ergastolo?

Domande che ormai non avranno più risposte.

 di Gianfranco Marullo

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