E a Muxia scopri il senso del Cammino

C’è un segreto consegnato all’esperienza del Cammino verso Santiago, che affascina un numero impressionante e in costante crescita di persone: 301.036 nel 2017, anno del record. È un segreto che cogli proprio nel graffio finale delle gambe, quello degli ultimi chilometri. Oltre Santiago, verso Finisterre. Lo trovi a Muxia. La tappa non necessaria alla meta, c’è chi infatti la salta per puntare dritto al chilometro zero sull’Oceano, e proprio per questo la tappa necessaria a comprendere il senso del Cammino.

Così, quando ti trovi ad aver concluso cinquecento o forse anche mille e più chilometri in una sequenza ininterrotta di giorni, arrivi a Muxia e senza chiederlo trovi quel senso che andavi cercando da settimane. Sulle scogliere alla luce del tramonto, protetto l’imponente Santuario de la Virxe da Barca, lì davanti all’Oceano sferzato da gigantesche onde messe insieme da un vento sconfinato, ti rendi conto che il cammino fisico, quello segnato dalle frecce gialle, sta per concludere. E in un lampo accedi al segreto di questa esperienza: che ti consegna il compito di continuare a camminare nella vita con la stessa qualità di ora. Occhi aperti, orecchie spalancate, nella fiducia piena degli incontri che farai, offrendo la tua fede alla provvidenza.

Non importa che tu sia religioso o meno: importa che tu abbia appreso il senso che nel Cammino nulla di casuale può accaderti. Ripensi così a tutti quegli incontri, a tutte le persone e alle vie che hai conosciuto. Comprendi quanto chiuso eri al principio, in difesa e in diffidenza, e quanto aperto sei diventato giorno dopo giorno camminando, imparando il coraggio dell’accoglienza.

Il Santuario de la Virxe da Barca

Già, ecco qui la chiave che apre la porta di accesso al tesoro del Cammino: accogliere, ospitare in te ogni esperienza. Che è causa ed effetto del tuo sentirti sempre accolto e ospitato dalla vita che ti si disegna davanti, seppure nella sua forma più imprevedibile.

Diventa così un’esperienza bifronte: sentirsi accolti dagli altri, che siano gli sconosciuti compagni di tappa, gli hospitaleros che ti aprono la porta dell’Albergue, oppure i membri di un gruppo già formato fa lo stesso. E al tempo stesso significa ospitare, accogliere l’altro, sostenerlo, aiutarlo nel momento di fragilità, sfamarlo magari con quella razione di cibo che avevi messo da parte per te ma che ora è più preziosa per un altro.Questo ospitare diventa dunque un dono pari per chi lo offre e per chi lo riceve.

A Muxia è inevitabile incontrare Pepe, che noi italiani chiamiamo Peppe, visto che parla perfettamente italiano, e dell’Italia è innamorato come di Muxia. Ha quasi cinquant’anni, ma in quanto a saggezza è un essere senza tempo. Aveva un lavoro molto redditizio in Liechtenstein, lui e sua moglie Asun, ma dopo 27 anni di tempo investiti per guadagnare ha deciso di cambiare radicalmente vita. Per tornare nella cittadina d’origine di entrambi, quella Muxia abitata da pescatori e da uomini di fede, meta romantica di saluto al Cammino.

Pepe parla con sua moglie Asun in un giorno di tre anni fa, le propone di cambiare tutto. Diventare hospitaleros, aprire un Albergue e dedicare la propria vita ai pellegrini. Per dare ai figli Noelia e Brais un futuro, e donare loro la lezione dell’ospitalità.

La nostra Valentina al centro della foto tra Pepe, Asun e i due figli della coppia

E questo è qualcosa che in Italia è davvero difficile da capire. Perché qui da noi abbiamo strutture ricettive magnifiche, e di B&B o agriturismi dal volto umano non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma in Spagna, c’è qualcosa di più: lungo la via delle decine di Cammini che portano a Santiago, vive la cultura millenaria di un’ospitalità che è parte fondante della vita sociale, culturale e persino spirituale di migliaia di persone nate e cresciute lungo queste vie. Che diventa il più delle volte conforto, ma anche soccorso per così tanti pellegrini.

Per questo ciò che ha creato Pepe in due anni è il frutto di un piccolo e non casuale miracolo; e per questo il suo Albergue Muxia Mare è sempre tutto esaurito. Perché quello che lui ha in animo di fare ogni giorno non è soltanto offrire la migliore sistemazione possibile per i pellegrini dai piedi stanchi e lo zaino impolverato. Per lui e Asun fare più del necessario è la ragione di vita: risponde alla chiamata del Cammino, è un adempimento spirituale. Così è naturale che la sera si cucini e si mangi tutti insieme, e quando non è paella, è una carbonara preparata da uno dei tanti italiani che si fermano qui. O che il giorno dopo faccia un’imbarcata di pellegrini nella sua auto, per mostrare a tutti le bellezze fuori percorso della Galizia.

La paella

Miracoli quotidiani dello spirito hospitalero, che fanno giungere al Muxia Mare un pompiere spoglio di ogni suo avere, che lì è stato accolto per giorni e rifornito di ogni necessità senza sentirsi chiedere nulla in cambio. O un uomo, salvato dopo una drammatica notte brava, e una donna che da Pepe ha visto sorgere il suo miracolo, guarendo da una malattia che sembrava incurabile. Soprattutto, nell’abbraccio ospitale di Muxia, tanta gente ha cambiato letteralmente i suoi piani: chi posticipando di giorni o addirittura mesi il rientro a casa, chi prendendo spunto da Pepe e famiglia, lasciando un lavoro sicuro per consacrare la propria vita al Cammino. E questa è proprio la storia di Francesca, che in questi giorni da pellegrina ha deciso di diventare hospitalera.

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