La premier Theresa May ha annunciato al mondo una Hard Brexit, un’uscita dalla Comunità Europea assolutamente netta, rapida, indiscutibile. Eppure il referendum non ha messo d’accordo tutti i sudditi della Corona più famosa del mondo. Molti ricordano i disagi degli anni Settanta, la povertà, la delinquenza, gli scioperi.
Non si può negare che la Gran Bretagna è cresciuta anche grazie all’Europa, soprattutto in questo strano universo del XXI secolo, dove il sistema bancario domina il mondo. Oggi, dunque, seguendo la scia della chiusura tipica d’ogni isola, del senso di protezione dato dalle frontiere sbarrate, dall’esaltazione dell’home made, la Gran Bretagna decide di bastare a se stessa. E se le cose restassero così, le si potrebbe anche dar ragione. Ma che scenario si apre nel dopo-Europa dei britannici fra qualche tempo?
Le sedi delle banche europee resteranno nell’isola o si sposteranno, portandosi via un indotto di benessere e posti di lavoro? La sterlina è scesa, nell’immediatezza. Certo, si riprenderà, ma sarà ancora forte come negli anni passati? E che dire del malcontento di quella parte della popolazione, la più giovane, la più attiva, che avrebbe voluto rimanere in Europa? Che dire della Scozia, la cui croce bianca, nella Union Jack, è sempre più diafana? Si vocifera un nuovo referendum per staccarsi dalla madre Inghilterra, e, con il petrolio che ha, sarebbe non solo una sconfitta dell’intero Paese, ma una non lieve bastonata alle finanze inglesi.
Insomma, la Brexit, finora, ha mietuto più critiche che applausi. Forse le miss Peebody sparse per le campagne, con le loro tazze di Early Grey ed i loro mini sandwich al cetriolo saranno soddisfatte della scelta, ma la Gran Bretagna che lavora no e non si può non tenerne conto nelle proiezioni sul futuro del Paese.
Hard Brexit? Staremo a vedere quanto costerà.
di Raffaella Bonsignori
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