Dieci fatti che hanno cambiato l’Italia negli ultimi cinquant’anni

C’è la diffusa convinzione che, a partire dagli anni sessanta, la vita in Italia sia trascorsa sostanzialmente in modo piatto e priva di sconquassi evidenti, a parte il decennio degli anni di piombo. Certo, non abbiamo avuto la ventura di vivere due guerre mondiali in un venticinquennio, né le passioni del Risorgimento o della Resistenza. Non abbiamo vissuto gli sconquassi di una dittatura o le pulsioni delle avventure coloniali.

L’errore è quello di effettuare un bilancio dei fatti e delle situazioni secondo i canoni appresi alla scuola elementare, dove l’insegnamento della storia si ferma al 1945. Proprio perché in base a quei canoni sembra che sia successo poco o nulla d’importante – tanto che nemmeno lo si insegna sui banchi di scuola – è la prova evidente che, nell’ultimo cinquantennio, sia invece avvenuto un vero e proprio sconvolgimento dei valori.

Il mutamento dei costumi e del modo di pensare, solo apparentemente è stato graduale. Abbiamo individuato dieci fatti che hanno costituito una svolta, dopo la quale l’Italia non è stata più quella di prima e, a nostro parere, non potrà più tornare indietro. Eccoli.

12 maggio 1974. 20 milioni di italiani votano No all’abrogazione del divorzio

Formalmente si è trattato di esprimersi se abolire o meno una legge vigente da circa due anni e mezzo, quella – appunto – che aveva già introdotto il divorzio in Italia. Apparentemente, avendo vinto il No, tutto doveva rimanere come prima. In realtà quel referendum ha significato la presa di coscienza di una società intera di essere in grado di decidere, con la propria testa, la conduzione della vita familiare e gestire di conseguenza la propria vita sessuale. Per l’Italia a guida democristiana è stata una vera rivoluzione.

28 luglio 1976. La corte costituzionale dà il via libera all’emittenza privata Radio-TV

E’ la fine del monopolio RAI dell’emittenza radiotelevisiva e del controllo “parlamentare” sulle trasmissioni TV. L’italiano si sente libero di guardare ciò che più gli piace, non soltanto i due canali RAI e di cambiare programma come e quanto gli pare. Il “grande fratello” non è più uno solo ma diventano tanti. E, tra costoro, ce ne è uno che ha capito gli italiani più di ogni altro, facendogli sbirciare quanto basta di quelle scene “hot” che la RAI fino ad allora, gli aveva negato: Silvio Berlusconi. Molti lo definiranno “l’uomo della provvidenza”.

14 ottobre 1980. Quarantamila quadri FIAT protestano contro il sindacato

E’ stata la fine dell’unità dei lavoratori contro il padronato, perché in quarantamila dissero per la prima volta che il padrone del vapore più grande d’Italia aveva ragione, mentre il sindacato che li doveva rappresentare aveva torto. Da allora, molti lavoratori subordinati abbandoneranno la “lotta di classe” e preferiranno mettersi in proprio, con l’apertura della partita IVA. Il consenso delle organizzazioni sindacali calerà progressivamente e, soprattutto le tradizionali centrali non riusciranno più a recuperarlo.

17 febbraio 1992. L’inchiesta “mani pulite”: il “terzo potere” diventa il primo

Da un avvenimento apparentemente insignificante – l’arresto di Mario Chiesa, il presidente socialista di un ente di beneficienza – prese il via “mani pulite”, l’inchiesta giudiziaria che sbatterà in prima pagina tutto il sistema clientelare e corrotto dei partiti politici. Anche qui, nel concreto, la montagna partorì il topolino: sono stati pochi i politici di cui è stata accertata la responsabilità sotto il profilo criminale. In realtà, da allora, il potere giudiziario ha preso il sopravvento su quello politico, alla faccia della divisione dei poteri teorizzata dal signor di Montesquieu.

25 marzo 1993. Elezione diretta dei sindaci: i politici debbono “metterci la faccia”

Una legge che ha dato il via a un nuovo modo di far politica. Il sindaco, l’amministratore più vicino al cittadino, è scelto direttamente dall’elettore che, sulla scheda, pone una croce sul nome del candidato, indipendentemente dal partito a cui appartiene. Il politico, se vuole essere eletto, deve farsi conoscere, mettere in piazza i propri programmi e la propria faccia. Dal basso, nasce un nuovo modo di considerare il rapporto tra amministratori e cittadini, sicuramente più democratico e che, con gli anni, si estenderà a anche a livello nazionale.

20 ottobre 1997. La privatizzazione della telefonia pubblica

La Telecom non è più un ente pubblico ma controllato dai privati. E’ una privatizzazione che mantiene alla s.p.a. il controllo delle reti pur ammettendo la pluralità dei gestori. Nascono una miriade di gestori telefonici che cavalcano l’esigenza del consumatore di possedere un telefono cellulare. L’italiano diventa “fono dipendente”. Non potremo più farne a meno. Quando Steve Jobs inventerà lo smartphone, saremo pronti ad appropriarcene e a farne un oggetto di culto.

1° gennaio 2002. L’introduzione dell’euro

Tra tanti fatti poco appariscenti, eccone uno scontato. Cambia l’inquilino dei nostri borsellini e delle nostre tasche. Non più la screditata liretta ma la forte moneta europea. L’italiano, dall’oggi al domani, non ha più a che fare con l’inflazione che decurtava risparmi e buste paga, scatti di contingenza e imprescindibilità degli aumenti contrattuali. Scopre pure che per viaggiare in un intero continente, non c’è più bisogno di fare la fila agli uffici di cambio e si può spendere con la moneta che ci si porta da casa. Vi pare poco?

4 febbraio 2004. Nasce Facebook, per interagire con una platea di amici grande quanto il mondo

Un giochetto per bambini o per mettere in condizione gli adolescenti di trovare il proprio prossimo partner, senza passare per le comitive o le discoteche. Forse. Ma è stato soprattutto lo strumento, insieme a tanti altri che poi lo hanno imitato, senza scalzarne il predominio, di esternare spontaneamente e senza alcuna remora ciò che si pensa su tutto e su di più. Gli italiani non aspettavano altro. Chi capirà la forza dei social diventerà, entro pochi anni, il nuovo padrone d’Italia.

1° luglio 2011. Crisi dello spread e del debito pubblico: la finanza mette alle corde l’economia reale

Sui media dilaga la notizia che un’entità sino ad allora sconosciuta, lo “spread” ha raggiunto improvvisamente i 225 punti. Che cos’è questo “spread” ? In pochi lo sanno ma, forse, non è nemmeno necessario saperlo. Fatto sta che, immediatamente, le agenzie di rating bocciano l’economia italiana e declassano la fiducia sinora accordata al bel paese. L’impatto sui titoli pubblici è catastrofico e lo spread si impenna ancor più, come in una spirale. Una cosa è chiara a tutti: è crisi; una crisi finanziaria e non derivante dalla capacità produttiva dell’Italia ma che costringe i governi ad aumentare le tasse per fronteggiarla. Si crea il terrore che un elemento virtuale, la finanza, possa da un momento all’altro minacciare l’economia reale, senza che si possa far nulla per evitarlo. E ancora ce lo portiamo appresso.

20 aprile 2015. Naufragio nel Mediterraneo: oltre 700 annegati ci dicono che siamo un “paese ricco” a due passi da un continente di affamati.                       

Già da un ventennio le nostre case avevano cominciato a riempirsi di colf filippine, badanti ucraine e moldave, le nostre strade di negozi cinesi, di pizzerie con cuochi egiziani e i cantieri di manovali rumeni e marocchini, senza che ce ne fossimo pienamente resi conto. Quel giorno, l’affondamento di un barcone di migranti clandestini e l’annegamento di un numero compreso tra le 700 e le 900 persone ci mettono di fronte alla cruda realtà. Tutta quella gente rischia la vita in mezzo al mare perché nel loro paese è ancor peggio vivere, sbattendoci in faccia ciò che non avevamo capito studiando la geografia alla scuola elementare: siamo il paese ricco più vicino a un continente di 1,2 miliardi di persone che soffrono la fame. Ancora stiamo tentando di capire ciò che dobbiamo fare.

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