Dall’antica Grecia: l’ideale mediocrità

Il termine ὕβρις (hybris) nel mondo greco arcaico indicava la tracotanza, la dismisura, l’eccesso, la superbia. In Omero, la parola si riferiva soprattutto alla disobbedienza e alla ribellione contro il principe; nelle epoche successive passò a indicare la sfida dell’uomo nei confronti degli dèi.

Il concetto ha un ruolo centrale in un gran numero di miti del mondo greco, soprattutto in Esiodo e in particolare nella poesia dei grandi tragici. In “Le opere e i giorni”, Esiodo spiega come la progressiva decadenza del mondo abbia confinato gli uomini nell’attuale condizione di dipendenza dal proprio lavoro, nella loro tracotanza e stoltezza. La hybris domina la stirpe del bronzo, la generazione creata da Zeus dopo quella dell’oro e dell’argento. Da quel momento in poi, la tracotanza cresce al succedersi delle età umane e a essa inevitabilmente si affianca l’infelicità. Mentre nell’età dell’oro la superbia degli uomini è rivolta verso gli dei, nell’età del bronzo è verso gli uomini e tra gli uomini. Entra così nel patrimonio genetico dell’umanità, la hybris; la guerra diventa una scelta di vita.

Hybris e Phthonos

La grandezza dell’eroe greco sta pertanto nel suo autocontrollo, nella sua vittoria su hybris. Egli ha saputo rinunciare a voler essere troppo grande, ha saputo arrestarsi una volta giunto al fragile, al confine della possibile azione umana. Nell’età degli eroi, la guerra è ancora lo stile di vita, tuttavia l’eroe greco non osa più entrare in competizione con gli dei, anzi ne accetta l’ordine. L’eroe sa che superare il limite o osare gloriarsi eccessivamente dei propri successi e della propria felicità può scatenare l’invidia degli dèi.

Phthonos, “invidia” in greco, ha un significato dall’ampio spettro; esso va ben oltre il concetto di personificazione dell’invidia e del rancore che punisce chi troppo ostenta. Phthonos è piuttosto e anche volontà di limitare la tracotanza umana. Oltre a fungere da meccanismo in grado di punire e quindi ridimensionare il ruolo umano, impedendogli di assaporare la felicità degli immortali, phthonos è un deus ex machina che interviene per regolare, per impedire di superare quel limite che ineluttabilmente appartiene e deve appartenere alla natura umana in quanto tale.

Era così radicata, nei Greci, la credenza di un ordine cosmico che assegna a ciascun essere un posto preciso e traccia una linea di demarcazione tra l’uomo e dio, nonostante il rapporto di parentela che li unisce. L’uomo greco sapeva che oltrepassare quella linea, anche laddove ciò non fosse stato intenzionale, avrebbe determinato un funesto contraccolpo.

Gratitudine e modestia

Nella società aristocratica hybris si configurava come la temerarietà di chi non tiene conto dei confini tracciati dalla condizione umana. La chiara percezione che il mortale in confronto al dio è un nulla preserva l’uomo dal destino toccato a Bellerofonte, che con l’aiuto di Pegaso cerca di salire fino a Zeus per costringerlo a rivelargli gli arcani dell’universo, e deve poi scontare con la morte la sua temerarietà. “Nessun uomo – afferma Alcmane, poeta lirico greco – deve osare la salita al cielo”.

Apollo, accanto al “conosci te stesso”, propone un’altra raccomandazione, “nulla di troppo”, spronando l’uomo ad indagare dentro di sé e invitandolo al contempo alla moderazione. Una massima, scritta sul tempio di a Delfi, che gli Elleni assunsero come norma in ogni manifestazione della loro vita. Pindaro avverte il vincitore che è arrivato al culmine del successo ammonendolo a  non desiderare di diventare Zeus – “non aspirare a divenire dio”, “la via di mezzo è la migliore”.

Il primo ammonimento che, quindi, Pindaro rivolge al vincitore è di dare onore a Dio, di rendergli grazie. Il secondo è l’esortazione alla modestia, che preserva dall’hybris e sa tenersi entro i confini umani”.

Mediocritas

E forse, l’antitesi tra l’immortalità, la vanagloria, l’insaziabilità e la capacità di saper trovare e porsi un limite, di potersi specchiare e guardarsi dentro, cercando nel finito, è contenuta in questa massima di Pindaro: “Non aspirare, anima, ad una vita immortale, ma esercita l’opera che ti è concessa”.

Lungi dall’essere, questa riflessione, un invito ad accontentarsi, piuttosto un elogio e un monito all’arte della gratitudine e della modestia, sempre. Perché “molto spesso il pino troppo alto è agitato dai venti, e le torri più elevate sono quelle che crollano al suolo in modo più rovinoso” (Orazio). D’altra parte, insegna Cicercone, la mediocritas è ciò che sta tra il troppo e il poco, condensando così la saggezza in una regola generale che non ha l’accezione negativa che noi siamo abituati a conferirle. 

Osare con prudenza

Ben Herbster diceva: «Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare».

Allora, come l’arciere in Machiavelli, che deve mirare più in alto del suo bersaglio se vuole centrarlo, così l’uomo dovrebbe aver riguardo dei suoi obiettivi e considerare che essi siano sempre al di sopra delle proprie capacità, e impegnarsi per essere all’altezza di essi e non per oltrepassarli, senza fagocitare il successo, evitando di naufragare nella dismisura della soddisfazione illimitata, dove voglie e bisogni si confondono e sovrappongono le une agli altri.

Difficile rimanere nel sub-limen, fin sotto la soglia più alta, senza volersi a tutti i costi affacciare. Il più delle volte è tuttavia necessario evitando di sfidare una natura che ha del “brutto ma bello in sé”, capace di produrre un’emozione forte che non può trovare argine umano e che piuttosto ci si può limitare a contemplare, per scongiurare una scienza che non ha alcun rispetto verso la vita e una politica che rischia di procurare orrore e distruzione.

In un’epoca capitalistica e liberista, non è quella di essere supremi la più grande conquista che possiamo raggiungere e regalarci come individui, bensì quella di essere liberi e misurati di fronte ad una pentola sempre traboccante di desideri che si mescolano a necessità, di intraprendenza che sfocia in superbia, di novità vendute come innovazioni, di doveri scampati e di libertà rincorse, di dignità spacciate per lussi, di diritti agognati come trionfi.

Foto di Mickey Estes da Pixabay

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