“Dalla parte di lei”: il ritratto della mente

Il personaggio più suggestivo di Dalla parte di lei di Alba de Céspedes è Eleonora, la madre della protagonista. Ha lo stesso nome di un’altra madre nata dalla mente della de Céspedes, quella giovanissima di Nessuno torna indietro. Ma — inquietudine a parte — l’Eleonora di Dalla parte di lei non mente e ama incondizionatamente i suoi figli, tanto da sacrificare tutta la sua vita al ricordo dell’uno e alla felicità dell’altra. O almeno questo è il ritratto che emerge dalle memorie della figlia Alessandra, perché questo romanzo non è altro che un’autobiografia. E le autobiografie si sa, sono un insieme di ricordi distorti dal tempo e dai sentimenti.

La madre e la figlia

Nelle prime duecento pagine del libro il personaggio di Eleonora giganteggia e l’identità della figlia si perde nella sua. L’infanzia e l’adolescenza di Alessandra si susseguono in un cerchio di luce riflessa. Nessuna frustrazione, solo un’ammirazione sconfinata nei confronti della donna che le ha dato la vita. La vede come un essere straordinario, perfetto, ultraterreno. Giorno dopo giorno percepisce ogni momentaneo distacco dalla madre come un possibile addio e ogni suo ritorno a casa come un regalo, un rinvio della temuta separazione definitiva. La vita della madre scorre nella figlia sotto forma di sentimenti e questi sentimenti tracciano e cristallizzano il ritratto di Eleonora nella mente di Alessandra. Ne fanno quasi una figura mitologica. 

«Mia madre era lontana da me come lo sono i personaggi dei libri, una di quelle donne come piacerebbe essere e non si è mai compiutamente. Se perdessi il ricordo della mia infanzia e di lei, rimarrei priva di tutto quanto ebbe importanza per me, mi dette gioia, e anche della favola della mia vita». Nel ricordo della figlia, Eleonora resta stampata come un personaggio fiabesco, una principessa con doti fuori dal comune che è rimasta incastrata suo malgrado in una quotidianità grigia. La sua delicatezza, il suo dolore composto ma inestinguibile per il figlio morto a soli tre anni d’età, il suo talento straordinario per la musica, ma soprattutto l’amore candido per il giovane Hervey Pierce sono ciò che la rendono diversa e superiore a tutte le altre. 

Le madri e l’amore

Siamo alla fine degli anni Trenta, in pieno Fascismo. Il grande casamento romano di via Paolo Eminio è popolato da persone poco abbienti. Pullula di uomini rudi che pensano solo al proprio interesse e di donne fedifraghe che negli amanti cercano più uno svago che l’amore. Si pensi alla vicina Lydia, che insoddisfatta del suo matrimonio si rifugia nella relazione sentimentale con il capitano. Un atto di ribellione contro una società maschilista che demolisce l’io-donna riducendolo al binomio moglie/madre. Il ruolo della donna nella famiglia è un tema caro a Alba de Céspedes, e verrà ampiamente trattato nel suo ultimo romanzo, Quaderno proibito (1952).  Ma già in Dalla parte di lei la scrittrice ci spiega quanto sia importante per una donna ritagliarsi uno spazio per sé al di fuori della famiglia. E lo fa in tempi non sospetti (il libro è stato scritto nel 1949), dimostrando una modernità e una lungimiranza eccezionali. 

«Libere dai loro ingrati doveri, e anzi per un gesto di coraggiosa polemica verso la sorda vita alla quale erano costrette, nel pomeriggio le donne fuggivano le stanze buie, le cucine grigie, il cortile che inesorabile attendeva, col calare dell’ombra, la morte di un’altra giornata di inutile giovinezza». E prosegue: «Io immaginavo che un amante dovesse essere un uomo assai bello, di romantico aspetto, ben vestito. Stupivo nel vedere che in genere non aveva nessuno di questi caratteri. Ma poi tutto mi fu chiaro quando Fulvia mi disse che l’avvocato della signora matura del terzo piano la chiamava sempre “Ninì”».

La favola di Eleonora

Il nomignolo Ninì esprime l’affettuosità intima di cui i mariti non sono più capaci e restituisce alla donna la sua individualità. Eleonora ritrova se stessa con Hervey, ma data l’eccezionalità del personaggio non si può pensare che il loro rapporto sia come quello tra Lydia e il capitano, o tra Ninì e il suo avvocato. Almeno non può esserlo agli occhi di Alessandra. L’amore tra la pianista Eleonora e il giovane violinista Hervey è platonico, puro, completamente sviluppato al livello intellettivo. Un sogno fatto prevalentemente di musica, passione che scava i due amanti nel profondo e cementifica la loro complicità. Per Alessandra Hervey è l’uomo perfetto, il cavaliere senza macchia che salverà sua madre da una vita monotona e mortificante. Un sogno fragile che raggiungerà il culmine nell’unico concerto che i due innamorati faranno insieme.

«Non conoscevo quella musica: si svolgeva attorno a un tema pastorale, di quelli che mia madre aveva detto preferiti da lui: e il pianoforte invece di accompagnarlo gli dava, a ogni frase, adeguata risposta; il violino chiedeva, il piano rispondeva sommessamente, era un dialogo sereno. Ma, a poco a poco, aumentava di tono e di intensità, come se le domande divenissero via via più insistenti, più serrate. Nelle battute finali parve che il pianoforte volesse allontanarsi fuggendo e il violino lo rincorresse. Quando la musica cessò, avevamo tutti il cuore in gola come se li avessimo seguiti nella corsa. Vi fu un attimo di silenzio prima che il pubblico si riprendesse e incominciasse ad applaudire. Mio padre taceva, pallido nel vestito scuro»

Il risveglio

l vestito azzurro di Eleonora, la maestosità di villa Pierce, un violino e un pianoforte che si chiamano e si rispondono sottolineando la meravigliosa complicità che c’è tra i due amanti… Il marito di Eleonora non può sopportare tutta questa felicità, teme il confronto con quel mondo di musica e ricchezza, con quel violinista giovane e appassionato. Impedendo alla moglie di tornare a villa Pierce incrina il suo sogno e finisce per rendere la favola irrealizzabile. Così inizia il declino che porterà alla separazione definitiva, quella che Alessandra temeva da sempre.

Eleonora scivola via dalla scena in modo discreto e prorompente allo stesso tempo. Il suo suicidio avviene lontano dagli occhi di tutti, ma il suo gesto turba profondamente le vite degli altri. Costringe Alessandra a lasciare Roma e a trasferirsi in Abruzzo, nella casa della nonna paterna. E allora inizia un nuovo romanzo, che non ha più come protagonista la Alessandra-Eleonora, ma solo e esclusivamente Alessandra. 

Nella foto, l’opera di George Roux (1850-1929), titolo “Spirit” (1885)

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