Costruire insieme su basi salde la civiltà dell’amore

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Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Queste parole ci riempiono il cuore di gioia e di speranza perché attraverso di esse ritroviamo la fiducia per continuare a credere fermamente nel compimento delle promesse di Dio.

 

La prima lettura della quarta domenica di Quaresima (2Cr 36, 14-23), per antica tradizione denominata “in laetare”, ha per noi un’eco particolare: se da un lato essa ci offre l’orribile panorama della guerra e della distruzione causato dalla malvagità dell’uomo, dall’altro ci consegna una parola di conforto, necessaria per irrobustirci e per continuare a sperare. Il Popolo eletto, infatti, che nel frattempo vive la triste esperienza dell’esilio, attraverso alcuni messaggeri inviati da Dio è esortato a ritornare nella città Santa per ricostruire il Tempio, caduto in rovina a causa della guerra i cui effetti, nefasti e dannosi, distruggono senza pietà “tutto quanto è prezioso” (2 Cr 36,19).

 

Parlo di intere famiglie, del frutto del lavoro e delle speranze dell’uomo che, purtroppo, trovano nella guerra la loro rovina. Quanto sangue, odio, vendetta! Tutto ciò si verifica quando la Parola di Dio è trascurata, ridicolizzata, disprezzata e schernita. Troviamo conforto, carissimi, attraverso le parole della prima lettura. L’invito a ricostruire il tempio del Signore ha un significato particolare anche per noi che, come dice S. Paolo, “siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6, 16). Riappropriamoci, allora, dell’amore e del perdono di Dio, divenendo anche noi suoi fedeli messaggeri, soprattutto nelle famiglie, a scuola, sul posto di lavoro e in ogni ambito della vita sociale e anche politica.

 

Il Vangelo di Cristo, infatti, è “scuola di conversione” in seno alla quale si entra solo attraverso la riconciliazione, progettando cioè, il trionfo dell’amore sul peccato e su qualsiasi divisione. Ricordiamoci che quando eravamo “morti per i nostri peccati” (Ef 2, 5) è stata la misericordia di Dio ad offrirci la vita nuova in Cristo: solo Dio, quindi, può fare nuove tutte le cose, cambiare il nostro “cuore di pietra” (Ez 11, 19) e costruire invece di demolire. In questo momento di Nuova Evangelizzazione noi cristiani siamo chiamati ad annunciare in prima persona che una vita nuova è possibile solo ed esclusivamente a partire da Cristo: lo sappiano soprattutto i giovani, a cui sono affidate le future sorti del cristianesimo e che, purtroppo, oggi cercano con troppa facilità ciò che vita non è.

 

La chiesa, inoltre, ha il compito di essere davanti al mondo, un segno di unità e un faro che illumina. Nel Vangelo di oggi è Gesù stesso ad affermare che “la luce è già venuta nel mondo ma a questa luce gli uomini hanno preferito le tenebre, perché le loro opere erano malvagie” (cfr Gv 3, 19). Che tristezza si avverte dinanzi a questo scenario di netto rifiuto. Tragicamente, le nuvole del male continuano ad ottenebrare molti cuori e lo vediamo ogni giorno nei mali che quasi irrimediabilmente vanno ad affliggere l’umanità.

 

La parola del Signore, però, dona speranza senza porre alcun limite: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3, 16-17). Beato Nicodemo che ha potuto ascoltare tali parole direttamente dalla bocca del Signore! Dio continua ad infonderci la forza per realizzare un futuro di speranza. Ancora una volta ce lo dice S. Paolo nella seconda lettura: “Dio ci ha creati in Cristo Gesù per vivere una vita giusta, una vita in cui pratichiamo opere buone secondo la sua volontà” (cfr Ef 2, 10). Per mano di Mosè il Signore ci ha consegnato i suoi comandamenti, non come un fardello da portare, ma come fonte di libertà, quella per essere uomini di saggezza, maestri di giustizia, di pace e custodi del bene comune. Dio ci ha creati per vivere nella luce e per essere luce:: “Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 21), dice Gesù nel Vangelo.

 

Viviamo, dunque, secondo verità, sempre. Infondiamo con coraggio la luce della fede, della speranza e dell’amore. Siamo testimoni di Cristo, la sola verità che ci rende liberi. Sappiamo bene che rispetto alla furia distruttrice del male, il lavoro di ricostruzione è molto lento e duro; esso richiede tempo, fatica e perseveranza: un tale lavoro deve prima iniziare nei nostri cuori, poi concretizzarsi a partire da piccoli gesti e, sfociare, quindi, nella disponibilità a collaborare nella gioia per costruire insieme su basi salde la civiltà dell’amore.

 

Facciamo sì che le nostre realtà ecclesiali siano comunità dove la luce di Dio e il suo amore non siano solo celebrati ma anche vissuti attraverso opere di carità. Risuona ancora forte il monito di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura, voi!”, anche se tutto ciò è segno di profonda contraddizione dinanzi ad atteggiamenti duri e a mentalità grette e chiuse. Gli altri non sono strumenti da usare ma fratelli da amare, da rispettare e da aiutare, anch’essi bisognosi e assetati di libertà, vita, speranza.

 

Carissimi, nelle ultime battute della prima lettura, Ciro re di Persia, ispirato da Dio, concede agli israeliti di ritornare nella loro Patria per ricostruire il Tempio. Che queste parole del Signore siano un appello anche per noi: alziamoci! (2 Cr 36, 23). Guardiamo al futuro e confidiamo sempre nelle promesse di Dio: costruiremo così una Chiesa fondata sull’amore, la riconciliazione, la giustizia e la pace. Amen.

 

Fra’ Frisina

 

Foto: it.123rf.com

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