Così è se vi pare: l’attualità del teatro pirandelliano

Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente la assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non c’intendiamo mai!

Va così in scena la tragedia-capolavoro dell’incomunicabilità e dell’incomprensione di Luigi Pirandello.

“Sei personaggi in cerca d’autore “ è il dramma più celebre, innovativo e rappresentativo del mondo pirandelliano e tra le opere più rivoluzionarie della letteratura del primo Novecento. Per la prima volta in scena il 9 maggio 1921 al Teatro Valle di Roma, l’opera sconvolse e ammaliò al tempo stesso il pubblico, diviso tra chi da un lato applaudiva e sosteneva la rappresentazione, e – in gran parte – coloro che al grido di “Manicomio! Manicomio!” contestavano l’azzardata originalità dell’autore e quel meta-teatro che mai era stato visto prima di allora.

Successivamente a quello che fu un vero e proprio fiasco, l’opera ottenne tuttavia un grande successo. D’altronde proprio i caratteri scardinanti delle sue opere valsero a Pirandello il Nobel per la letteratura nel 1934. I suoi drammi rilanciarono con tagliente verità e parossistico umorismo l’arte drammatica e scenica del Novecento; il suo pensiero immarcescibile continua a far riflettere e ad affascinare lettori nostrani e stranieri.

Teatro nel teatro

La fantasia è l’artefice dei personaggi di Pirandello, come egli stesso rende noto nella prefazione dell’opera.

E si diverte a portarmi in casa, perché io ne tragga novelle e romanzi e commedie, la gente più scontenta del mondo, uomini, donne, ragazzi, avvolti in casi strani da cui non trovan più modo a uscire; contrariati nei loro disegni; frodati nelle loro speranze; e coi quali insomma è spesso veramente una gran pena trattare.

Il dramma ha inizio quando sul palcoscenico di un teatro, dove si sta rappresentando un altro dramma pirandelliano, “Il giuoco delle parti”, irrompe una famiglia di sei persone. Queste, avendo vissuto una lunga serie di avvenimenti drammatici, chiedono al Capocomico che il dramma della loro vita venga rappresentato. Essi sono stati lasciati in sospeso dal precedente autore ma sono talmente vivi da mettersi loro stessi alla ricerca di qualcuno che possa renderli definitivi come personaggi e offrire un palcoscenico, unico luogo in grado di dar loro la possibilità di esistere.

“E dov’è il copione?”, domanda il Capocomico; “É in noi, signore. Il dramma è in noi; siamo noi; e siamo impazienti di rappresentarlo, così come dentro ci urge la passione”, replica uno dei personaggi. Gli attori professionisti tentano quindi di mettere in scena la storia raccontata dai sei personaggi, tuttavia vengono percepiti come “falsi” da quest’ultimi, che difatti non si ritrovano in loro: nonostante gli sforzi, gli interpreti non riescono a rappresentare il senso di vergogna e il rimorso del Padre, nè il dolore della Moglie e lo sdegno del Figlio, né il senso di vendetta della Figliastra, lo smarrimento del Giovinetto, la tenerezza della Bambina.

Dopo aver convinto il direttore, saranno allora gli stessi personaggi a rivivere il dramma, fino al suo tragico epilogo.

L’intreccio

Il Padre, uomo sui cinquanta anni, rievoca gli antefatti. Egli ha trascurato la Moglie; la accusa di essere buona ma mentalmente arida e di non capire il suo essere inquieto e insoddisfatto. La donna ha nel frattempo trovato comprensione ed affetto nel segretario del marito; accortosi del tradimento, costringe la moglie a lasciare la casa. Il loro unico Figlio, che si ritrova improvvisamente senza un padre e una madre, viene affidato alle cure dei parenti che vivono in campagna. Dalla nuova convivenza nascono tre figli: la Figliastra diciottenne, il Giovinetto che ora ha 14 anni e la Piccina che ne ha 4.

Il Padre si è interessato alla nuova famiglia per qualche tempo finché questa non è poi scomparsa, essendosi trasferita in un’altra città. Da due mesi però il segretario, secondo marito della donna, è morto, e la famigliola è tornata a vivere in città, dove vive miseramente: la madre svolge lavori di cucito per Madame Pace, la quale ufficialmente ha una sartoria ma è nei fatti una megera e strozzina; adesca giovani ragazze per poi offrirle nella sua casa d’appuntamenti a uomini di una certa posizione sociale.

Anche la figliastra è caduta nella rete di Madame Pace, e la sfortuna porterà la giovane ad un appuntamento con il Padre, che senza volerlo ed ignaro viene a trovarsi in una posizione molto scomoda e delicata; sarà la Madre a sorprenderli, impedendo pertanto un incesto. L’uomo, preso dal senso di vergogna e dal rimorso, propone alla Moglie di andare a vivere da lui, proposta che tuttavia non trova il beneplacito del Figlio; egli è sdegnato, assente, impassibile, ogni tentativo da parte della madre di avvicinarsi a lui è respinto. Viene infine rievocata la tragica morte della Bambina di 4 anni, che muore annegata nella vasca del giardino sotto lo sguardo dell’enigmatico Giovinetto, il quale inerte e smarrito si uccide con un colpo di rivoltella.

Quest’ultima scena rimane avvolta in un’aria greve, di incertezza e di mistero, tipica dello stile dei drammi pirandelliani. Alcuni attori inorriditi esclamano: “È morto! Povero ragazzo! È morto!”, mentre altri pensano si tratti solo di finzione: “Ma che morto! Finzione! Finzione! Non ci creda!”. “Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! Realtà!”, rimarca Il Padre, gridando, per poi lasciare il palco. Il Capocomico conclude: “Finzione! Realtà! Andate al diavolo tutti quanti!”.

Perciò ancora una volta, ‘pirandellianamente’, “così è (se vi pare)”: per i sei personaggi è pura verità, per chi si limita a seguire il filo narrativo, è pura finzione.

Molto più di una tranche de vie

La formula di “teatro nel teatro” offre al pubblico un dramma in divenire, insieme ai suoi personaggi fluidi, piuttosto che un dramma già fatto, con parti teatrali prestabilite, dunque attori che interpretano un copione – non a caso gli attori presenti sul palcoscenico vengono privati della loro identità, diventando anch’essi spettatori di un dramma che “non possono” rappresentare. Ed è proprio qui la novità del teatro pirandelliano, la forma del meta-teatro, del teatro che riflette su sé stesso.

Trattandosi di un vero dramma, della tragica realtà di una famiglia, nessuno deve fingere nè recitare, e nessuno perdona, perciò la situazione resta sempre la stessa. Nell’impossibilità di mutare e di andare avanti, si consumano, di fatto, la tragedia dei sei personaggi e tutta la loro solitudine: oltre l’illusione, i personaggi non hanno altra realtà e quindi hanno bisogno di un autore che dia loro la possibilità di vivere la scena della loro vita e il travaglio della loro creazione.

Difficilmente potrà essere una rappresentazione di me, com’io realmente sono. Sarà piuttosto com’egli interpreterà ch’io sia, com’egli mi sentirà, e non com’io dentro di me mi sento (Il Padre).

Attraverso le sue opere, Pirandello fa cadere le maschere, ma soprattutto la quarta parete, ovvero quella che divide la scena dal pubblico; improvvisamente il teatro ‘si scartoccia’, si rivela agli astanti, coinvolge il suo pubblico, abituato invece a rimanere lontano, a seguire distaccato ciò che avviene al di là del sipario, un quadro di vita vissuta tuttavia camuffata, una tranche de vie – un frammento della realtà. Così Pirandello anima di vita propria quello che fino ad allora era stato un palco per performance e luogo di riproduzione realista di esperienze giornaliere, diventando il palcoscenico della vita.

Esattamente come accade nella quotidianità, è difficile distinguere tra realtà e finzione, tra l’essere e l’apparire, tra numerose identità e maschere sociali. Di fatto il senso del dramma è una tortura, pertanto anche difficile da digerire, poiché pone al suo pubblico il problema della fedeltà al vero, che tuttavia non può essere raggiunta, non esistendo una sola verità. Vi è però un’altra realtà: quella delle emozioni, la vita è un fluire di queste.

Foto di Andreas Glöckner da Pixabay

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