Cos’ha di diverso la strage di Las Vegas dalle altre compiute nel passato?



las vegas La strage di Las Vegas non ha niente di diverso dalle altre compiute negli Stati Uniti d’America nel passato. Intendiamoci: a parte i numeri, naturalmente.

Quella di ieri è stata la sparatoria col maggior numero di vittime della storia americana. Si fa fatica a crederci. Il bilancio provvisorio del bagno di sangue è di 59 morti e 500 feriti. E poi ci sono le miglia e migliaia di persone traumatizzate. Per loro la vita non sarà più come prima.

Ciò che rende questa strage simile alle centinaia di altre stragi occorse nel passato è l’angosciosa certezza che esse continueranno anche in futuro. L’America non è in grado di fermarle. Durante i suoi otto anni di presidenza ci aveva provato Barack Obama, senza successo. Ma in fondo è la società americana che non l’ha permesso.
Potrà mai riuscirci l’America di Donald Trump?
Se si fosse trattato di un atto di terrorismo, la reazione sì che ci sarebbe stata, immediata e forte. Se si fosse trattato di un ispanico, o di un nero, anche. Per non parlare di un arabo. Ma a compiere il bagno di sangue è stato un bianco, un pensionato sessantaquattrenne benestante e amante del gioco del poker. Cosa che in Nevada non è un’anomalia, anzi. L’ultimo colpo l’ha sparato contro se stesso. Si chiamava Stephen Paddock, viveva in un cittadina di 18.000 anime, a 120 km da Las Vegas. Nella stanza al 32esimo piano dell’albergo da cui ha fatto fuoco la polizia ha trovato 19 fucili. Diciannove.
fucileUsa-2Una persona malata di mente rappresenta un pericolo per la collettività, ma se possiede un arsenale il rischio che un suo gesto insano si trasformi in una carneficina diventa certezza. Il punto è tuttavia un altro. Il punto è la facilità dell’acquisto e della detenzione di armi da fuoco negli Stati Uniti d’America. Un diritto storicamente salvaguardato dalla costituzione, nelle ultime decadi oggetto di una vergognosa campagna a sostegno della sicurezza da parte della lobby industriale delle armi. Strano poi che il diritto alla salute non sia garantito costituzionalmente (meno strano che la popolazione carceraria americana sia la più numerosa al mondo, con oltre 2 milioni di detenuti).
Conosciamo le difficoltà che ha avuto Obama per introdurre la riforma sanitaria a livello nazionale. Questa riforma ha coperto le fasce più povere della popolazione garantendo loro l’assistenza medica tramite facilitazioni assicurative (tra i punti più importanti della riforma il divieto per le compagnie di negare le assicurazioni a chi ha determinate patologie). Sappiamo quanto Trump abbia criticato la riforma già in campagna elettorale e quanti tentativi abbia poi fatto, da presidente, per abrogarla. Per il momento fortunatamente non c’è riuscito e, pensiamo noi, farebbe meglio a dedicare il suo tempo per eliminare i milioni di armi in circolazione negli Stati Uniti.
Salute e sicurezza sono tra i principali valori inalienbili di una democrazia. Sembra tuttavia che in America esse collidano, visto che le armi fanno più vittime di talune gravi patologie. Secondo il Dipartimento di Stato nei dieci anni dal 2004 al 2013 il numero di morti ammazzati è stato di 316.545 (nello stesso periodo il numero di vittime del terrorismo è stato di 313, praticamente un millesimo).
Le sparatorie in America continueranno. Esse sono una parte dell’identità del paese più sviluppato e potente del pianeta, un paese che tuttavia ha perduto la sua egemonia politica e culturale a livello mondiale. Esse sono una delle sue contraddizioni più clamorose, l’assurdo male di una società opulenta dove, nonostante il benessere, l’odio alimenta l’odio, le stragi alimentano nuove stragi che, prolificando, diventano contagiose.

Per noi europei un esempio da non seguire

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