Coronavirus, quali potrebbero essere gli effetti per l’economia in Italia e nel mondo

Coronavirus. L’economia globale, non soltanto in Cina o nei paesi limitrofi, comincia a soffrire l’impatto che l’epidemia sta avendo nei più diversi settori, con effetti a catena sui mercati finanziari. Gran parte dell’industria mondiale, infatti, importa dall’Oriente la componentistica e anche prodotti finiti necessari per la propria produzione.

Il fenomeno della globalizzazione ha incoraggiato le aziende a costruire vere e proprie catene di approvvigionamento di materiali. Questi canali, attraversando i confini nazionali, hanno reso interconnesse le singole economie. Per tale ragione, a livello economico, il coronavirus sta causando molti più problemi rispetto alla Sars che, nel 2003, fu una vera e propria pandemia.

I settori maggiormente colpiti dal coronavirus sono l’hi-tech, il trasporto aereo e l’automobilistica

Colossi dell’hi tech, come Apple e Samsung, rilevano una scarsità di forniture. L’iPhone, così come le linee premium di Samsung e di altri marchi, infatti, è prodotto a Shenzhen negli stabilimenti Foxconn. A causa delle forniture di iPhone temporaneamente limitate, Apple ha dichiarato che non riuscirà a raggiungere l’obiettivo di fatturato trimestrale. Come misura precauzionale ha poi deciso di chiudere tutti gli uffici e i punti di vendita sul suolo cinese.

Le conseguenze del virus sull’industria automobilistica cinese assume dimensioni preoccupanti. Il governo, infatti, ha imposto il blocco alla riapertura delle fabbriche nella regione dello Hubei. Nei primi sedici giorni di febbraio, il calo delle immatricolazioni, in Cina, è stato stimato del 92%.

L’impatto del coronavirus sta infliggendo un duro colpo alle compagnie aeree. Almeno 70 compagnie hanno bloccato tutti i voli da e per la Cina, mentre altre 50 li hanno fortemente limitati. Nella regione Asia-Pacifico si sta registrando un calo di passeggeri del 13 per cento. Secondo i calcoli diffusi dall’associazione del trasporto aereo, le perdite complessive potranno ammontare a quasi 30 miliardi di dollari.

Un forte rallentamento lo ha subito anche il commercio di lusso negli aeroporti e nei department store in Europa, Asia e Nord America. Nelle ultime tre settimane, la riduzione è stata stimata del 60 per cento. Ciò sta incidendo sui bilanci dei grandi marchi della moda e del design, italiani e non.

Finora gli effetti della recessione in Cina sull’economia della zona euro sono stati modesti. Ma il settore automobilistico comincia già ad andare in sofferenza. Per fare un’auto, infatti, occorrono 30 mila pezzi. Molte case automobilistiche europee utilizzano in gran parte componenti cinesi. Tra queste, le britanniche Jaguar e Land Rover. L’aumento di casi confermati in Italia potrebbe aggiungere un altro canale attraverso il quale il virus potrebbe danneggiare l’economia europea.

La paura fa crollare i listini di borsa a cominciare da Piazza Affari

Il primo paese a rischio recessione a causa dell’impatto del coronavirus sull’economia è proprio l’Italia, già in stagnazione. A pesare è soprattutto la paura. Solo lunedì la borsa di Milano ha perso il 5,4%. E’ peggior risultato degli ultimi quattro anni. In una sola seduta sono andati in fumo tutti i guadagni di un 2020 che era iniziato sotto i migliori auspici.

Lo spread Btp-Bund è tornato a salire. Il prezzo del greggio, da cui dipendono gli investimenti degli sceicchi arabi nelle borse europee è crollato del 4,5%. L’oro, classico bene rifugio, ha toccato i massimi degli ultimi sette anni. Magra consolazione il fatto che, lo stesso giorno, Wall Street perdeva il 3%.

L’economia italiana è a rischio soprattutto considerando che le province lombarde colpite (Lodi, Pavia, Cremona e Milano) producono da sole circa il 12% del Pil italiano. Inoltre, eventuali misure di quarantena estese ad altre regioni italiane potrebbero limitare la circolazione interna dei prodotti. Questo sarebbe un altro fattore di contrazione della domanda di beni e servizi.

A risentire particolarmente saranno i settori del commercio e del turismo. La ristorazione cinese ha registrato di una diminuzione del volume di affari stimabile prudentemente al 40 per cento. Alcuni istituti di ricerca stimano che un calo dei turisti cinesi del 25% potrebbe diminuire la crescita del Pil di circa 0,1 punti percentuali, azzerando in un sol colpo l’esiguo incremento registrato nel 2019. Ciò perché il turismo contribuisce per il 13% al Pil italiano e i turisti cinesi spendono relativamente più di altri.

Il coronavirus potrebbe trasformare l’attuale stagnazione italiana in recessione

Per quanto riguarda direttamente il commercio, circa il 3% del valore dell’export di beni italiani va direttamente in Cina e circa il 7% va ad altri paesi asiatici che saranno duramente colpiti dal rallentamento della Cina. A causa del blocco, anche le importazioni di merci cinesi sono ostacolate. Questo potrebbe danneggiare le vendite dei negozi al dettaglio che vendono beni di consumo cinesi e la produzione industriale nazionale che dipende dai beni intermedi cinesi.

L’economista Jack Allen-Reynolds ritiene che il coronavirus rende più probabile un’altra recessione in Italia. Prevede infatti una seconda contrazione trimestrale consecutiva del prodotto interno lordo. A suo parere le forti misure preventive con le quali le autorità (statali e regionali) hanno risposto all’emergenza non potranno che ridurre ulteriormente l’attività economica.

Anche Oxford Economics prevede una contrazione dell’economia italiana nel 2020, in quanto potrebbe soffrire per le interruzioni della catena di approvvigionamento. Inoltre, famiglie e imprese potrebbero essere colpite da uno shock di fiducia perché la crisi del coronavirus arriva in un momento in cui l’economia è già in stagnazione.

Fonte foto: AsiaNews

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