Condominio: aspetto e decoro architettonici delle sopraelevazioni

Il tema di oggi concerne un diffuso problema che si presenta in ambito condominiale, ove si controverte (in questo caso in materia di “sopraelevazioni”) sull’aspetto architettonico rispetto al decoro architettonico dell’edificio che sono definizioni appartenenti a due diversi tipi di nozione.

In pratica, il quesito si pone in questi termini: il proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale ha il diritto di sopraelevarlo applicando i criteri indicati dall’art.1127 del codice civile?

Appare intanto utile riportare il testo integrale di questo articolo:

“1.   Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo.

  1. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono.

    3.  I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio, ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti.

  1. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare”.

Emerge con chiarezza la necessità di rispettare i limiti dettati da quello che viene definito, con espressione vaga e di ampia interpretazione, l’aspetto architettonico dell’edificio, che è ben differente rispetto al “decoro architettonico” cui fa invece riferimento l’art.1122 del codice civile che concerne i limiti posti a carico del singolo condomino che intenda compiere opere su parti di sua proprietà esclusiva o destinati ad uso individuale.

Si riporta quindi anche il testo integrale del menzionato ultimo articolo:

Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”.

 

Focus: Cassazione civile, Sez. VI-2 – Ordinanza 12 settembre 2018 n° 22156

 

La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ha ribadito con particolare puntualità i consolidati principi di carattere generale portati dalle norme del codice civile di cui terzo comma dell’art. 1127 in virtù del quale i condòminisi possono opporre alla sopraelevazione se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio o ne diminuisce in maniera definita “notevole” l’aria o la luce dei piani sottostanti.

Ad esso si affianca la norma relativa alle innovazioni di cui al quarto comma dell’art.1120 in virtù del quale “Lamministratore è  tenuto a convocare l’assemblea nei  trenta giorni dalla richiesta, anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare  senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.

Queste disposizioni vanno interpretate anche in relazione agli artt.1122 (comma uno) intitolato “Opere su parti di proprietà o uso individuale” e1122  bis c.c. in materia di sopraelevazione relativi, in particolare, alla più articolata disciplina sulla istallazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Tutti i limiti considerati nell’ordinanza in esame si riferiscono alle due fattispecie che obbligano a rispettare, dal punto di vista architettonico, sia il relativo l’aspetto che lo stesso decoro.

La complementarietà delle due nozioni tra loro differenti, è stata riaffermata in virtù di un importante precedente offerto da una sentenza della stessa Corte di Cassazione 25 agosto 2016, n. 17350, secondo cui il decoro “si esprime nell’omogeneità delle linee e delle strutture architettoniche, ossia nell’armonia estetica dell’edificio” …rispettando…” le distanze minime con il vicino e non deve ledere l’aspetto architettonico del palazzo”,ribadendo che la loro tutela deve essere garantita con riferimento ad un edificio dotato di una propria fisionomia, anche se non di particolare pregio artistico,

La Suprema Corte ha quindi enunciato le due seguenti interessanti precisazioni che si riportano come ricavate dal testo medesimo della motivazione:

  • la prima è consistita nell’ affermazione secondo cui “il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione va condotto, in ogni modo, esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, anche “verificando l’esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice di merito”;
  • la seconda ha espresso la ferma dichiarazione secondo cui “…deve considerarsi illecita ogni alterazione produttiva di disarmonia, anche se la fisionomia dello stabile risulti già in parte lesa da altre preesistenti modifiche, salvo che lo stesso, per le modalità costruttive o le modificazioni apportate, non si presenti in uno stato di tale degrado complessivo da rendere ininfluente allo sguardo ogni ulteriore intervento”.

foto: ilmessaggero.it

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