Comunicare meglio con il cervello? Ecco le fibre di nanotubi di carbonio

mr25.15 nanotubes_0Come già scritto ampiamente nei precedenti articoli, le Nanotecnologie stanno facendo passi da gigante. Le novità si susseguono in tempi molto brevi.

In un articolo pubblicato on line il 25 marzo 2015 sulla rivista ACS NANO, a firma di Flavia Vitale, Samantha R. Summerson, Caleb Kemere, Matteo Pasquali (et al), i ricercatori della Rice University (Houston, Texas) hanno “inventato” delle fibre in nanotubi di carbonio “bidirezionali” che possono comunicare meglio con il cervello rispetto ai comuni elettrodi usati fino ad ora.

Così sarà possibile leggere i segnali da una rete di neuroni e in futuro probabilmente potranno essere utilizzati per trattare pazienti con disturbi neurologici durante il monitoraggio in tempo reale. Ad esempio potrebbero sostituire gli elettrodi (che sono molto più grandi) attualmente utilizzati in dispositivi per terapie di stimolazione cerebrale profonda nei pazienti con malattia di Parkinson.

Le fibre sono state create nel laboratorio della Rice University dall’ingegnere chimico Matteo Pasquali e sono costituite da fasci di nanotubi originariamente destinati per applicazioni aerospaziali, dove la forza, il peso e la conducibilità sono di primaria importanza. I singoli nanotubi misurano solo pochi nanometri, ma quando milioni vengono raggruppati in un processo chiamato di filatura a umido, diventano fibre filiformi circa un quarto della larghezza di un capello umano.

“Abbiamo sviluppato queste fibre come ad alta resistenza, materiali di alta conducibilità”, ha detto Pasquali. “Tuttavia, una volta che li avevamo in mano, ci siamo resi conto che avevano una proprietà inaspettata: erano simili ad un filo di seta. La loro combinazione unica di forza, conducibilità e morbidezza li rende ideali per l’interfacciamento con la funzione elettrica del corpo umano”.

 “Il cervello ha fondamentalmente la consistenza del budino e non interagisce bene con elettrodi metallici rigidi”, ha detto Kemere. “Il sogno era quello di avere elettrodi con la stessa coerenza, ed è per questo che siamo davvero entusiasti di queste fibre di nanotubi di carbonio flessibile e la loro biocompatibilità a lungo termine”.

“Settimane di lunghi test su cellule e poi in ratti con sintomi parkinsoniani hanno dimostrato che le nanofibre sono stabili ed efficienti come gli elettrodi di platino. Le fibre di nanotubi di carbonio sono altamente conduttive e si mostrano migliori anche nell’ impedenza” (l’impedenza è una grandezza fisica vettoriale che rappresenta la forza di opposizione di un circuito al passaggio di una corrente elettrica alternata, o, più in generale, di una corrente variabile.), ha sostenuto Kemere.

Kemere prevede in futuro un sistema a ciclo chiuso in grado di leggere segnali neuronali e adattare la terapia di stimolazione in tempo reale. Ancora una cosa da non credere…

Dr. Gherardo Tosi
Psicologo – Psicoterapeuta
00152 Roma
E. mail : tosighe@libero.it

Foto: Rice University- Courtesy: Pasquali Lab

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