Chi c’è dietro il web?

reteContinua acerrima la battaglia contro la pirateria su internet. Ogni giorno su richiesta di privati vengono chiusi siti hosting che consentono di  scaricare musica film od altro. 

Ma il mondo della rete trova immediate soluzioni e alla chiusura di uno, tutto si sposta dopo poco tempo su altri.

La polemica divampa da anni, tra chi è fautore della assoluta libertà di poter accedere e condividere sulla rete una qualsiasi cosa, e chi in nome della protezione dei diritti d’autore,  denunciando ingenti perdite economiche,  con la violazione dei  copyright,  vuole controllare il mercato.

Premettiamo una cosa. La rete è il mondo dei balocchi virtuale, dove ogni utente di trovare quello che vuole, in ogni momento, in ogni parte del mondo. Ogni richiesta può essere esaudita.

In fondo conosciamo i siti, leggiamo i blog, surfiamo continuamente cercando informazioni, scarichiamo programmi, in modo naturale, come se ogni nostra curiosità possa essere risolta da una mente superiore, da un ambiente virtuale in grado di darci una risposta.

Ho un problema di software che non riesco a risolvere? Mi connetto sulla rete e trovo tante indicazioni, suggerimenti, e infine la soluzione.  Non so come cucinare un piatto per la cena? mi connetto ed ecco le spiegazioni anche con filmati appropriati. Tralasciamo gli acquisti, alberghi ecc.

Tutto bene è la modernità. Ma se ci fermiamo un attimo a pensare viene spontanea una domanda: ma chi c’è dietro la rete? Chi è in grado di predisporre tutte le risposte alle nostre domande? Insomma chi lavora dietro o dentro?

Una risposta è quella più semplice, la rete produce inventori di sistemi, es. i social network, che grazie a sapienti manager, che ne hanno capito prima di tutti le potenzialità economiche i hanno investito le loro capacità in un sistema, che alla fine si è rivelato altamente produttivo.

Diciamo quindi che questi sono le figure apicali, di cui si conosce il nome, la faccia, la loro storia e forse anche il loro conto in banca.

Ma gli altri? Chi sono? Immaginiamo migliaia di persone che lavorano continuamente davanti ai computer, in piccole società dai nomi sconosciuti, situate chissà dove, oppure a casa,  che  con il loro lavoro consentono di sviluppare continuamente nuove applicazioni, programmi, siti di informazione ecc.

Non parliamo poi di chi tiene funzionanti i siti di hosting.

Sono questi “anonimi” la linfa vitale della rete. Molti lavoreranno sicuramente per grandi compagnie, in società connesse, ma altri? Chi sono gli altri?

L’immaginario dei mass media ce li fa vedere chiusi in stanze al buio, illuminate solo dai leds dei computer, dove scorrono immagini di sequenza numeriche incomprensibili.

Sono definiti i “nerd” ovvero soggetti che hanno  una grande predisposizione per la scienza e le tecnologie, ma sono  solitari, con bassa socializzazione nel mondo reale, ma alta tramite la rete. Sono loro gli oscuri operatori della rete?  Pensiamo di si. Ma sono come vengono descritti e immaginati, oppure  al contrario sono soltanto una nuova classe lavoratrice che riporta ai vecchi dipendenti ed artigiani?

Se si chiede la risposta più comune è quella “mah lavora con i computer” come gli antichi speziali, maestri di miscele sconosciute, che nessuno conosceva, ma che poi alla fine a cui tutti finivano per rivolgersi.

Ma torniamo al punto di partenza. Il problema della libertà di raggiungere tutto quello che si vuole. La polemica più vicina a noi è quella dello “scaricare” dalla rete film e musica.

Evolvendosi il mercato non più solo il  cinema e la musica, ma anche le fiction televisive.  Molti sono coloro che alle accuse di pirateria, rispondono dicendo che senza la distribuzione in rete, molte trasmissioni o fiction non potrebbero essere raggiunte dai milioni di utenti anche fuori dai Paesi produttori con un aumento esponenziale di pubblico e perché no di pubblicità.

“Breacking bad”, o “Dexter”,  due tra le più importanti serie TV americane, con milioni di spettatori  avrebbero avuto il successo mondiale che hanno riscontrato senza la rete? E’ la rete che ne aumenta la visibilità e quindi l’interesse o bastano solo i mezzi televisivi?

Un tema che non trova risposta. Le posizioni restano distanti, ognuno con le sue ragioni.

Intanto scopriamo l’esistenza di una community sempre più numerosa. Sono i fansubbing.

Una community virtuale di appassionati di serie televisive, con siti dedicati. I fansubber lavorano, a loro detta, solo per passione e senza essere retribuiti, investendo il loro tempo nella traduzione dei dialoghi dei film, perché fluiscano liberamente nella Rete e possano esser visti e compresi anche da coloro che non parlano la lingua.

Affermano di non voler concorrere con l’industria del cinema e della televisione, ma semplicemente colmare dei vuoti lasciati dalle scelte della distribuzione.

Contribuiscono all’espansione del mercato illegale? Rientrano nella violazione del diritto d’autore?  Nuovi temi di discussione.

Resta un dato di fatto senza l’uomo la rete non esiste.

di Gianfranco Marullo

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