Caso migranti: polemiche, accuse e disinformazione

IMG_6180Infuria la polemica contro le organizzazioni umanitarie che si occupano di soccorrere i migranti nel Mediterraneo e i cosiddetti “buonisti” che sostengono le loro missioni. Il vice presidente della Camera Luigi Di Maio definisce: “Ipocrita chi difende le ong”, accusandole di offrire un servizio-taxi per i trafficanti e di favorire il business dell’immigrazione. Anche il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha annunciato che avrebbe quanto prima presentato denuncia verso le ong, per tali motivi.

IMG_6177Furibonda la risposta dello scrittore napoletano Roberto Saviano su twitter: “Luigi Di Maio mi accusa senza mezzi termini di essere corresponsabile, con il mio ‘buonismo’, dei crimini commessi sulla pelle dei migranti, del business sui rifugiati, di cui mi sono occupato tra i primi. Di Maio, con il suo intransigente ‘cattivismo’, parla e compiace, in breve cerca i voti, di tutti quelli che i migranti li vorrebbero morti in fondo al mare“.

Anche Arjan Hehenkamp, direttore generale di Medici senza frontiere, ritiene che “le maldicenze” sul ruolo svolto dalle organizzazioni non governative in prima linea nel soccorso dei migranti sono un tentativo di intimidire e screditare il loro operato e di ridurre i finanziamenti in favore di questo tipo di attività”.

Cosa si rinfaccia alle ong

Le accuse più diffuse contro le organizzazioni non governative impegnate nei soccorsi sono quattro:

  1. Le navi delle ong opererebbero in acque internazionali al limite delle acque libiche e contravverrebbero alle norme di diritto internazionale trasportando i migranti in Italia;
  2. L’operato delle ong sarebbe un fattore di attrazione per i migranti e contrasta con l’operato delle autorità italiane;
  3. Le ong porterebbero i migranti in Italia perché vogliono alimentare il business dell’accoglienza;
  4. Le ong si finanzierebbero in maniera opaca e potrebbero essere in collegamento con i trafficanti.

Tutto nasce da un video pubblicato sui social

IMG_6178Analizziamo la prima tesi: le missioni delle ong sarebbero svolte in contrasto con le norme di diritto internazionale. L’accusa nasce da un video  dal titolo “la verità sui migranti“, pubblicato il 6 marzo 2017 dalla pagina Facebook di Luca Donadel, studente di Comunicazione presso l’Università di Torino, che analizza il tracciamento delle rotte della nave  Peluso della Guardia Costiera e della Aquarius di Sos Mediterranée in base al sito specializzato Marine Traffic.

Il video, divenuto subito virale in rete, è stato anche ripreso dalla trasmissione televisiva Striscia la notizia. L’analisi evidenzia, senza ombra di dubbio, che la zona delle operazioni di soccorso non sia al limite delle acque territoriali italiane ma diverse centinaia di miglia più a sud e cioè in acque internazionali, appena fuori dal limite delle acque libiche.

Secondo il ragazzo, ciò sarebbe in contrasto con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, secondo la quale le persone salvate in acque internazionali dovrebbero essere portate nel porto sicuro più vicino e cioè quello di Zarsis in Tunisia e non in Italia.

Come individuare il “porto sicuro” per il ricovero degli accolti in mare?

In realtà, la convenzione internazionale applicabile, in materia, non è quella citata da Donadel, bensì quella di Amburgo del 1979 e, secondo i giuristi Fulvio Vassallo Paleologo e Dario Belluccio, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, lo sbarco deve avvenire in un “porto sicuro” dal punto di vista del diritto “di richiedere asilo e di ottenere un’accoglienza dignitosa” e ciò non sempre coincide con il porto più vicino.

Ma – osserviamo noi – in situazione di estrema emergenza migratoria, come quella attualmente versata dall’Italia (non dimentichiamo la sospensione in atto del Trattato di Shengen da parte di molti partners europei) è proprio il caso di dare per scontata l’inidoneità della Tunisia ad accogliere le migrazioni provenienti dal proprio continente di appartenenza?

L’avvocato Belluccio, tuttavia, precisa che per le autorità italiane l’intervento non è una scelta ma un obbligo perché nel diritto internazionale, nel caso dei salvataggi la priorità è “il soccorso della vita umana”. Ma tale obbligo coinvolge anche le organizzazioni non governative?

Fine prima parte.

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