Candido, ovvero un sogno fatto in sicilia

Non so se il Candido sia servito da formula a cinque o seicento altri libri. Credo di no, purtroppo: ché ci saremmo annoiati di meno, su tanta letteratura. Comunque, che questo mio racconto sia il primo o il seicentesimo, di quella formula ho tentato di servirmi. Ma mi pare di non avercela fatta e che questo libro somigli agli altri miei. […] Se non il risultato, valga dunque l’intenzione: ho cercato di essere veloce, di essere leggero. Ma greve è il nostro tempo, assai greve” Sciascia scrive questo racconto alla fine del 1977. La guerra fredda è in piena evoluzione e solo dopo 11 anni il muro di Berlino sarà crollato. Si narra qui di una Sicilia in pasto al comunismo e, io, stento a riconoscerla. Sarà che tanto era inscindibile il confine tra comunismo e mafia, sarà che tanto si è parlato di DC in Sicilia, ma io, davvero stento a riconoscerla. Le analisi più autorevoli del testo parlano di “insufficienza degli schemi interpretativi” ed è assolutamente vero, si capisce subito affrontando la lettura (velocissima) di questo racconto. Le situazioni sono per lo più lasciate all’immaginazione del lettore, ovvero si lascia che chi legge completi la vicenda, che ne visualizzi il palcoscenico e metta il punto alle tante discussioni lasciate “per aria”. Sciascia è stato velocissimo, ma dev’essere stato difficile affrontando una materia del genere, comunismo e cattolicesimo, fusi insieme non si comprende bene come e con quali grandissime contraddizioni, mafia e democrazia cristiana unite saldamente da valori putrefatti e poi Candido, l’emblema del diverso ché sempre ricorre parlando di Sicilia e di paesotti. Il “mostro”, come lo chiamano nel paese, o l'”imbecille”, solo perché è fuori dallo schema mentale primordiale, perché chiede, perché è curioso, perché pensa. E’ il destino riservato a tutte le anime che, prepotenti, non abbassano la testa a regole ancestrali e ormai decadute, è il prezzo da pagare per chi vuole evadere, per chi si rende conto che il mondo là fuori ha molto da offrire, mentre questo qui dentro puzza solo di marcio. Candido è insomma l’alter ego di ogni speranzoso migrante disagiato. E’ l’emblema della fuga, del cambiamento, della “mina vagante” (per citare Ozpetek). Un gran bel libro, da leggere tutto d’un fiato.

“Sai che cos’è la nostra vita, la tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse siamo ancora lì, e stiamo sognando”

Filippo Giampapa

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