Cambiare mondo (interiore) per cambiare il mondo

La nostra epoca è caratterizzata da mille tipi di disagi. Ansia, frustrazione, sentimenti di impotenza e qualsiasi altra forma/ pensiero disarmonica ci fanno credere di essere “sbagliati” o di vivere in una civiltà sbagliata. Che sia una colpa nostra o sia colpa del sistema in cui siamo invischiati poco importa. 

Abbiamo bisogno di curare la nostra anima!

La prima domanda che dovremmo rivolgere a noi stessi è: voglio riconoscere la mia anima, il mio cuore oppure alcuni schemi orientati alla mente?

Le terapie della mente

Partiamo da quest’ultima.

Affidarsi alle pratiche terapeutiche canoniche, “desacralizzate”, può non essere la soluzione ai nostri problemi esistenziali.

Esse possono sicuramente rappresentare un approccio iniziatico, sopratutto per chi ha una mente molto razionale e logica, ci aiutano a frammentare un concetto, che spesso porta a fare un ragionamento logico nel quali riconosciamo la realtà (la mente si avvicina sempre a qualcosa che conosce), ma da sole non bastano, proprio perché tendono a curare la mente (quella iper razionale) e non l’anima.

Tali pratiche, per quanto affascinanti, focalizzano infatti l’attenzione sull’Ego, partono dal disagio, creano un’immagine, scavano, lo portano in superficie, lo letteralizzano (con tutta la sua carica energetica negativa) attraverso la diagnosi, lo patologizzano e ritornano nelle categorie dell’Ego stesso, proponendo tuttalpiù delle soluzioni che “anestetizzano”, ma non risolvono pienamente il disagio stesso.

Utile ricordare che il problema di fondo relativo all’Ego è che ci fa sentire distinti e separati dal tutto, in un perenne dualismo, in una costante divisione, che sta alla base della nostra infelicita.

“Fare anima” attraverso la meditazione

Poiché il cammino dello spirito è il cammino della felicità, bisognerebbe imparare ad andare oltre la mente e utilizzare il cuore.

Per farlo bisogna rasserenare la parte logica del cervello analitico, entrare successivamente nella parte limbica, quella emotiva, creativa, intuitiva e lasciarsi andare. 

Fare anima attraverso la meditazione può darci una chiave di lettura assolutamente diversa. 

Lavorando sulla consapevolezza, su un piano immaginativo riusciremo infatti a stimolare “i sensi”, “il sentire” e l’attività del pensiero al di là del mentale.

Tutto è narrazione: l’importanza di “deletterizzare

James Hillman nel libro “le storie che curano” afferma: “tutto è narrazione”. È proprio cambiando la narrazione che possiamo assimilare “l’altro”, inteso come tutto ciò che pensiamo sia distinto e separato da noi, ritrovando in questo modo la via della felicità.

La riprogrammazione in piccoli step

Come riporta Henry Corbin in “L’immaginazione Creatrice” legare l’immaginazione legata al cuore è fondamentale, poiché ciò mantiene aperta la porta al sacro, consentendoci di vivere in costante simbiosi con l’altro. 

Per raggiungere questa condizione in cui la coscienza è rarefatta, dobbiamo tuttavia cercare di destrutturare l’Ego, dissolverlo e deletteralizzare ogni evento (l’evento sostanzialmente è immagine) che ci accade, ritenendolo esso stesso un Ente, un Nume, una manifestazione sacra del divino.

In che modo?

  1. Evochiamo l’immagine. Gli sciamani parlano di “immagine perturbata” riferita agli eventi;
  2. Visualizziamo l’immagine che ci fa soffrire. L’evento può essere tremendo o beato. Se scappiamo è tremendo, se lo guardiamo in faccia diventa “beato”. La visualizzazione è una funzione potente e attiva, perché in essa le immagini vengono in qualche modo “volute”. Essa ci fa altresì osservare tutto nella sua purezza, ossia vedere quello che c’è per quello che è;
  3. Abbracciamo l’immagine senza giudicare. Imparare ad accedere alla realtà con uno sguardo senza giudizio è essenziale.
    Questo è possibile solo se impariamo a spostare l’attenzione dal flusso giudicante delle cose, alle cose stesse, in un atto di osservazione e contemplazione;

4. Contempliamo l’immagine. Per esercitare questa capacità è possibile fare esercizi di osservazione neutra, chiamando magari uno “stop” ogni tanto così da potersi accorgere di ciò che era all’interno dell’attenzione e cosa no, in quel momento;

5. Abbiniamo un mantra, una formula di rinforzo o un disegno ripetitivo, un mandala ad esempio. Si tratta di uno stratagemma che comporta un aumento del campo di coscienza, perché richiede un’attenzione focalizzata, prolungata e presente;

6. Cambiamo codice narrativo per superare il trauma legato all’evento, ricordandoci che siamo come ci narriamo; 

7. Pacifichiamo l’evento, sviluppando la capacità di stare nel cuore (per gli sciamani l’evento è un Dio);

8. Offriamo l’immagine dell’evento al sacro, con fede. Riconoscerlo quale manifestazione del divino è un atto di resa, “surrender”, che restituisce l’equilibrio primevo;

9. Sviluppiamo la capacità di accettazione, evitando di cadere nella trappola del vittimismo, (nel vano tentativo di salvare l’Ego). Essa ci aiuta a mantenere uniti gli opposti, in sé (il famoso “stato di coscienza non-duale”);

10. Salutiamo l’evento.

Solo dopo aver cambiato il nostro mondo interiore potremo cambiare il mondo, potremo vibrare all’unisono con la nostra anima, con la nostra mente finalmente “illuminata” ed il nostro cuore. Sembra difficile ma in fondo è facile.  

Del resto, la felicità non è il premio dello sforzo ma il premio della conoscenza. 

Foto di Sarah Lötscher da Pixabay

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