Benvenuto Cellini e le oscure presenze al Colosseo

Roma magica

“Non ci sono più le passioni di una volta” verrebbe da dire leggendo l’autobiografia di Benvenuto Cellini, il famoso orafo cinquecentesco. Nella Vita scritta per lui medesimo, infatti, egli narra che, durante uno dei suoi innumerevoli viaggi a Roma, conobbe una splendida fanciulla siciliana, tale Angelica, e se ne invaghì a prima vista. Non sapendo nulla di lei se non il nome, la cercò invano, per giorni e giorni. Era tanto intenzionato a non arrendersi che accettò persino di mettere a repentaglio la sua stessa anima, ricorrendo alla magia nera.

Roma antica è una città che ne contiene un’altra occulta. Dal Medioevo alla prima metà dell’Ottocento le sue storie di magia e fantasmi, di talismani e tesori nascosti, di demoni e santi intessono l’ordito della quotidianità, rendendo sempre più labile il confine tra il possibile e l’impossibile, tra verità e leggenda; è la città del sacro e del profano. Pensiamo agli obelischi. Sisto V fa issare l’obelisco di Caligola a piazza S. Pietro, completando il progetto dei predecessori. È ancora lì: il fulcro della magia egizia di fronte al tempio della cristianità contemporanea.

Ebbene, uno dei luoghi romani considerati magici per eccellenza è l’Anfiteatro Flavio, più noto come Colosseo, cui il venerabile Beda, nel Medioevo, lega il destino di Roma ed a Roma quello del mondo: “Quamdiu stabat Colyseus stabit et Roma; quamdo cadet Colyseus cadet et Roma; quamdo cadet Roma cadet et mundus” (Finchè resisterà il Colosseo, resisterà anche Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo).

Ai tempi del buon Cellini, il Colosseo ha fama d’essere luogo abitato da demoni. Sin dall’antichità, infatti, le vite che vi erano state sacrificate e l’esposizione all’interno delle sue mura di idoli pagani, avevano richiamato l’attenzione sull’aspetto oscuro di quel luogo, fino a ritenerlo un portale per l’Inferno. Per spiegare l’origine del suo nome, si narra, addirittura, che fosse sede del Tempio di Belzebù e che ai nuovi adepti venisse chiesto: “Colis Eum?” (“Adori Lui?”).

Alla ricerca dello sconosciuto Amore

Ritratto di Benvenuto Cellini

Torniamo alla notte brava dell’avventuroso orafo fiorentino. Sembra che solo i demoni, sapientemente interrogati, possano rivelargli le notizie che cerca sulla bella fanciulla di cui si è innamorato ed egli non ci pensa due volte: decide di affrontare, impavido, anche l’Oscurità eterna. Non so se chiamarlo amore, ma il gesto è parecchio romantico.

Mosso da ardente desiderio per la sua Angelica, dunque, viene condotto al Colosseo da uno dei maghi più potenti di allora, un prete di origini siciliane. Molti erano i preti che praticavano occultismo: la coesistenza di magia e religione in una sola persona rendeva il prete un profondo conoscitore dei due mondi, quello della luce e quello dell’oscurità.

Cellini porta con sé un amico, Vincenzo Romoli. L’oscurità sembra aver privato Roma persino delle stelle e della luna; le tenebre sono tangibili, come un sudario nero calato sulle loro vite, temerarie vite intenzionate ad aprire la porta dell’Inferno. Del Colosseo si indovinano solo le ombre delle arcate; ombre che, dal centro dell’arena, figurano gigantesche ed incombenti.

Il prete sparge profumi d’erbe protettive, porta con sé il pentacolo e traccia, in terra, cerchi magici. Alla fine del lungo rito di evocazione sembra che l’arena si riempia di demoni, ma nessuno intenzionato a rispondere alle domande che gli vengono poste. Manca il medium, il tramite, afferma il prete. È necessario tornare in altro momento, con un fanciullo vergine.

Benvenuto torna al Colosseo la sera seguente, sempre in compagnia di Vincenzo Romoli e del prete mago. Alla compagnia aggiunge tal Agnolino Gaddi, suo domestico, e, come medium, il suo fattorino dodicenne.

Invocano nuovamente quelle oscure figure e pare riescano a farle giungere nuovamente al loro cospetto ed a farsi dire quel che è nel loro interesse. La parte difficile di quell’avventura è liberarsene, però. A nulla valgono le erbe di protezione che si sono portati dietro, né il Sigillo di Salomone, il più potente dei talismani. Ciò che rende possibile la dipartita di quelle tenebrose presenze è qualcosa di molto più prosaico: Agnolino Gaddi, vedendo il piccolo medium che, per la paura, si è gettato in terra con le mani sugli occhi per non vedere la macabra danza di quei giganteschi demoni, che descrive nei minimi particolari, si abbandona a quella che Cellini efficacemente descrive come una “strombazzata di correggie con tanta abundanzia di merda”, cui segue una gran risata di Cellini e degli altri astanti. Ebbene, i diavoli, cui non piace punto né lo sgradevole odore, né il gran ridere di chi avrebbe dovuto temerli, di fronte a quello spettacolo poco edificante se ne vanno indignati.

L’evocazione pare non sia stata inutile, comunque. A Cellini viene detto dove e come relazionarsi con Angelica ed il prete-mago, che non si era mosso solo per far trovare a Cellini la donna amata ma anche per un proprio tornaconto, pare ottenga le agognate indicazioni relative al tesoro sepolto sotto Roma, nel quale figurano lo specchio magico del mago Merlino, capace di individuare il nemico in avvicinamento, le statue parlanti di antiche divinità, talismani d’ogni genere, oltre ovviamente ad una quantità indicibile d’oro e d’altri preziosi.

Ovviamente, non ci sono riscontri che sia stata trovata anche una sola moneta di quel tesoro. Di esso restano solo poche parole segrete, avvolte nel mistero, che hanno contribuito a mantenere vivo il mito. Forse, considerata la scientifica predisposizione alla razzia che i politici italiani d’ogni tempo hanno manifestato, il fantastico tesoro potrebbe essere stato infine trovato e rapidamente dilapidato senza che il popolo n’abbia avuto il più vago sentore. La speranza, però, è l’ultima a morire e c’è chi ancora lo cerca. Attenzione alle notti buie, soprattutto intorno al Colosseo!

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