Avanti, adagio, quasi indietro: in via di composizione la crisi libica

imagesSi è tenuta a Roma la conferenza internazionale sulla crisi in Libia, propedeutica alla sospirata firma dell’accordo per un governo di unità nazionale, che sarà sottoscritto il 16 dicembre, in Marocco, tra le delegazioni dei due parlamenti libici. Visto il ritardo, rispetto alle previsioni, la cautela è d’obbligo ma il fatto che, per la prima volta, si sono seduti a un tavolo ben diciassette paesi e quattro organizzazioni internazionali, compresa una delegazione libica di 15 rappresentanti dei 2 parlamenti, fa ben sperare.

È infatti la prima volta che i rappresentanti e i ministri degli Esteri di un gruppo definito il “P5+5”, composto da ONU, UE, Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia,  Italia, Germania e Spagna, incontra una delegazione libica, insieme ai ministri di Stati arabo-africani, quali l’Egitto, l’Algeria, la Tunisia, il Marocco, il Ciad, il Niger, l’Arabia Saudita, la Giordania, l’EAU, il Qatar, oltre alla Lega Araba, l’Unione Africana e la Turchia che, in questa fase, mette il naso un po’ dappertutto.

I ventuno presenti hanno formalizzato un comunicato che, oltre a ribadire la necessità di un interlocutore unico, chiede “un cessate-il-fuoco immediato e completo in ogni parte della Libia” per attivare corridoi umanitari, specie a Bengasi. Dopo la firma di mercoledì, si formerà un unico governo a Tripoli, con a capo Fayez Serraj, che guiderà un consiglio presidenziale di 9 membri. Contemporaneamente, gli Stati Uniti faranno pervenire 330 milioni di dollari, già stanziati, per aiuti umanitari.

E’ questo il risultato di un anno di negoziati. I maligni insinuano il processo è stato accelerato per la recente presenza in Libia del leader del sedicente stato islamico siro-irakeno Al Baghdadi. Sinceramente, la notizia che il nemico numero uno dell’occidente abbia potuto rifugiarsi prima in Turchia, per sottoporsi a cure mediche, per poi trasferirsi in Libia ha – a nostro parere – lo stesso fondamento di un supposto arrivo di Hitler in Inghilterra, durante la seconda guerra mondiale, per poi essere riportato, una volta curato, a spese degli inglesi, nella Repubblica Sociale di Mussolini.

Sicuramente, però, la pressione dei governi europei è cresciuta moltissimo negli ultimi giorni, per l’escalation di Daesh nella regione.  I terroristi si sono consolidati a Sirte e a Derna e, nei giorni scorsi, sono usciti da alcuni campi nella parte occidentale del Paese per fare un’incursione nel centro archeologico di Sabrata che, fortunatamente, è stato presto abbandonato.

Tenuto conto dei ruoli consolidati nel panorama diplomatico internazionale – fortunatamente –  non spetta all’Italia intervenire militarmente. In tal senso, i governi britannico e francese hanno già dato ordine ai loro eserciti di preparare le azioni militari per colpire al più presto lo Stato islamico in Libia.

E’ forse questo il motivo per il quale il processo di pace, che sinora era andato adagio, ha avuto un balzo in avanti o, secondo i punti vista, un balzo… quasi indietro.

di Federico Bardanzellu

Fonte: news.rataran.com

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