Attacco a London Bridge

Ieri, attorno alle 14, London Bridge è stato nuovamente teatro di un grave incidente: le  prime informazioni riferivano di un uomo che avrebbe accoltellato un numero imprecisato di persone. Alcuni feriti sono gravi, ha detto Sadiq Khan, sindaco di Londra, in una breve conferenza stampa a poche ore dall’attacco.

Le notizie arrivano confuse. 

Passa diverso tempo prima che si sappia qualcosa di più: la polizia ha sparato ed ucciso l’aggressore (notizia confermata da Scotland Yard) il quale indossava un finto giubbotto esplosivo. 

L’attacco, trattato inizialmente secondo il protocollo anti terrorismo per soli motivi precauzionali, viene confermato essere stato un attacco terroristico. 

Con il passare delle ore si fa chiarezza su quanto accaduto.

Le telecamere avevano ripreso alcuni uomini che si azzuffano sul ponte; se ne vede uno allontanarsi impugnando un grosso coltello, indossa un abito elegante, la sua cravatta svolazza mentre cammina veloce lungo il ponte, in questa giornata fredda ed assolata. Si volta a guardare i due che stanno ancora colluttando, uno sopra l’altro: un agente di polizia ne strattona uno e lo allontana. L’uomo che resta a terra continua ad agitarsi. Si capisce poi che era il terrorista e che lì verrà ucciso. Gli altri due erano semplici passanti, due gentlemen, come più volte li chiama la BBC, che hanno lottato con l’aggressore per disarmarlo. E ci sono riusciti.

Queste persone che hanno rischiato la vita per disarmare l’attentatore “sono la nostra parte migliore” hanno ripetuto tutti gli esponenti politici.

I telegiornali rimandano le immagini di un camion bianco che tenta una sorta di inversione ad U sul ponte; gli agenti intervenuti lo bloccano, fucili alla mano,  e girano sul retro del mezzo per perquisirlo. Poi si capirà che non era connesso all’attentato ma, nell’immediatezza, non si tralascia nessun controllo.

Le notizie si susseguono, nel tardo pomeriggio si saprà che i feriti erano cinque. Due di essi sono morti.

Non sono ancora chiare le dinamiche.

Una sola dichiarazione viene ripetuta all’infinito da tutti: con parole diverse, Sadiq Khan, Boris Johnson, Jeremy Corbyn e tutti coloro che si trovavano sul London Bridge al momento dell’attacco ripetono grazie, grazie alle Forze dell’Ordine che sono intervenute con immediatezza e professionalità. Sono arrivati sul posto esattamente 5 minuti dopo la richiesta di soccorso. 

Grazie, ripetono tutti, a questi uomini coraggiosi che, ogni giorno, sono in prima linea per tenere Londra al sicuro.

L’area attorno a London Bridge rimane isolata ma i disagi in città sono modesti: le metropolitane funzionano regolarmente ed anche la stazione di London Bridge viene riaperta dopo alcune ore.

Nella notte si viene a sapere il nome dell’aggressore: il The Telgraph scrive che si tratta di Usman Khan, già condannato nel 2012 per aver partecipato all’organizzazione di un attentato terroristico sventato dai servizi di sicurezza.  Recentemente era stato rilasciato con il controllo del braccialetto elettronico. Non pare essere stato sufficiente.

Come sempre in momenti drammatici come questo, i britannici si uniscono compatti ed univoche sono le loro dichiarazioni.

Il capo del Metropolitan Police Service, Cressida Dick, ha sottolineato che Londra è una grande città perchè ha sempre accolto tutti e continuerà ad essere grande per questo.

Non si lascia spazio ad inutili recriminazioni razziste.

Le parole di Sadiq Khan ai giornalisti radunati sotto Scotland Yard diventano le parole di tutti: 

“Dobbiamo – e lo faremo – essere risoluti nella nostra determinazione a rimanere forti e uniti di fronte al terrore. 

Coloro che cercano di attaccarci e dividerci non ci riusciranno mai “.

Ed è vero, è quello che i britannici hanno sempre dimostrato in momenti come questo.

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