la portai in grembo per molto tempo, ma solo nove, i mesi che mi furono concessi per sentirla mia. poi se ne andò, e da lì cominciarono i miei tre.
tuttietre tuttietre, gridavano i miei occhi, quando stringevo a me la mia famiglia.
tre, i giorni del triduo pasquale.
una veglia, la mia vita, sul mondo che amo.
e tre, gli uomini importanti sul mio cammino.
quanti errori, che ho commesso, affacciata al balcone dell’attesa, ma il più grave è stato quello nel credere di possedere qualcosa, e invece, l’unica cosa che mi appartiene è l’ignoranza del mio petto, visto che ci crede, e si getta a capofitto, nell’innamoramento.
è un mistero, la vita, e tale deve rimanere, per godere appieno delle sue meraviglie.
mi volto indietro sempre di meno, ché quel che mi occorre lo porto addosso, e dentro è il mio futuro. l’attesa è nello sguardo, e a fine sera forse mi sarà regalato un altro giorno, ma se così non fosse non importa, ché da quella porta ho accompagnato l’altro, sempre con il cuore in mano, e con pisolo m’addormento serena.
sorrido, mentre rileggo ciò che scrivo: io ci credo, a questa vita vissuta, anche se di mio ci sono solo i passi.
ho ricevuto regali, che mi hanno regalato lacrime, ma solo perché le mie mani cercavano di stringere qualcosa. e invece no, il palmo deve rimanere aperto, anche per accettare offerte, ché tutto ciò che Dio mi dona lo deposita lì, dove c’è la linea della vita. e nell’attesa, di un prossimo silenzio, non cerco mietitura, ché un tre è l’ultimo pensiero ricevuto.
e allora, come spiga io mi lascio andare, a quel racconto che si chiama Amore, e non ho più timore che arrivi il giorno del dolore.
Dio mi pasce dentro, perché è il giorno più bello: è il giorno in cui, con Lui, anche io risorgo.
di simonetta bumbi
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