25 Aprile: tutti insieme all’Anpi per non dimenticare la festa della Liberazione

napo25aprRoma- Giorgio Napolitano è stato accolto da applausi scroscianti quando stamattina ha deposto la corona d’alloro al Milite Ignoto, in occasione dell’anniversario della Liberazione.

A Milano la Boldrini ha invece chiesto l’abolizione del segreto di Stato per le stragi mafiose. L’unico ad essere contestato è stato Pietro Grasso a Marzabotto

La Festa della Liberazione quest’anno sembra quasi un trastullo per bebè. Arriva infatti a pochi giorni dalla rielezione di Napolitano che, insieme ai tecnici del governo Monti, non solo non ha difeso i principi della Costituzione, ma ne ha fatto carta straccia.

Ad acuire la sensazione di “presa in giro” si aggiungono le parole del sindaco Alemanno che parla di una “memoria condivisa”- come ricorda un’indignata Luciana Romoli dal palco allestito alla Piramide.  Le parole sono state pronunciate da Alemanno, in occasione delle celebrazioni del Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo delle popolazioni giuliano-dalmate.

“ Oggi portiamo l’omaggio della città di Roma a queste persone che appartengono alla nostra storia e identità nazionale. La memoria deve essere condivisa, non dobbiamo dimenticare nessuno degli orrori e delle tragedie del Novecento, in particolare quelli che hanno toccato nel vivo la coscienza del popolo italiano dopo tanti anni in cui sono stati nascosti. Oggi dobbiamo essere in grado di fare memoria e proprio per questo ci siamo impegnati alla costituzione della Casa del ricordo degli esuli giuliano-dalmati, in maniera da avere un presidio costante per la memoria.”

Polemiche a parte, anche oggi si è celebrato il settantesimo anniversario della liberazione con il corteo organizzato dall’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) a Porta san Paolo.

Numerose le bandiere: Rifondazione Comunista, Repubblica Romana con il candidato sindaco Sandro Medici in testa, Giovani Comunisti, Emergency, Beni Comuni etc. hanno sfilato dall’Arco di Costantino  fino a Piramide, dove sono stati deposti fiori al monumento.

Sul palco si sono alternati storici personaggi e protagonisti attivi che si battono in nome dell’antifascismo, che non è un “ricordo nostalgico”, come sostiene Grillo, ma un valore da difendere ogni giorno.

Ognuno di essi ha raccontato un episodio significativo o le memorie di un caro, usando parole dure, in cui tuttavia non emerge mai la volontà di vendetta, ma l’orgoglio della rivendicazione e soprattutto la volontà di lottare nonostante a volte siano proprio le istituzioni a cedere le armi.

Tra un discorso e un altro è stata declamata pure la bella la poesia di Giuseppe Bartoli in ricordo del 25 Aprile

“…Sentivamo il domani sulle ferite

e un sogno impalpabile di pace

immenso come il profumo del pane

E sui monti che videro il nostro passo

colmo di lacrime e fatica

non resti dissecato

quel fiore che si nutrì di sangue

e di rugiada in un aprile stupendo

quando il mondo trattenne il respiro

davanti al vento della libertà portato dai figli della Resistenza”.

Nando Cavaterra poi annuncia con enfasi una delle poche buone notizie arrivate da Affile, dove la nuova giunta regionale di Nicola Zingaretti ha deciso di sospendere i fondi per il monumento e di rimuovere la relativa targa dedicata a Graziani, eretta con i soldi pubblici.

Riportiamo integralmente testo della lettera e spiegazione di Zingaretti.

Ho scritto, pagando di tasca mia, una lettera a tutti i cittadini di Affile per spiegare il gesto di non finanziare il monumento a Graziani». Lo ha affermato il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

«Primo perché è figlio di un imbroglio, di una furbizia: hanno ricevuto i soldi per il Milite Ignoto e poi l’hanno dedicato a Graziani, e non si usano così le risorse pubbliche. Poi, perché non possiamo accettare che si facciano in questo Paese monumenti a persone che, a parte l’umana pietà, non possono certo essere indicate come esempio. Oltre all’atto che abbiamo fatto ho sentito di scrivere una lettera alle famiglie di Affile perché è giusto che capiscano e siano coinvolte, che comprendano il senso di una scelta e che la Regione sarà vicina ai cittadini di quel comune ma che al tempo stesso sia chiaro che anche loro devono essere parte di un impegno civile anche per la loro libertà e la loro democrazia. Se oggi possono votare liberamente un sindaco o un presidente di Regione è perché la cultura di Graziani è stata sconfitta, altrimenti sarebbero prigionieri di una dittatura. Sono sicuro che i cittadini capiranno il senso della scelta che abbiamo fatto».

Ecco il testo della lettera di Zingaretti. «Cara Cittadina, Caro Cittadino, Le scrivo perché, come sicuramente ha avuto modo di leggere sui giornali negli scorsi giorni, la Regione Lazio, di cui sono da poco più di un mese Presidente, ha deciso di sospendere il finanziamento concesso al Comune di Affile e destinato al ‘completamento del Parco Rodimontè e alla realizzazione di un monumento al soldato, cioè al milite ignoto.

Le ragioni di questo provvedimento sono note: il Comune di Affile ha, infatti, unilateralmente e impropriamente deciso di dedicare il monumento realizzato con i soldi dei cittadini del Lazio a Rodolfo Graziani. Una scelta profondamente sbagliata, non solo perché costituisce una palese violazione amministrativa rispetto agli accordi stipulati sull’utilizzo del finanziamento pubblico, ma perchè quella di Rodolfo Graziani è una figura su cui la storia ha già espresso chiaramente il suo giudizio.

Un giudizio di condanna per i crimini di guerra compiuti nel corso dell’aggressione coloniale in Etiopia: i bombardamenti a tappeto, l’uso di gas e le rappresaglie contro i civili, la costruzione di campi di concentramento e la reclusione delle popolazioni nomadi. Un giudizio di condanna anche per il sostegno indiscusso al regime fascista e alla prosecuzione del conflitto al fianco della Germania nazista, con un apporto convinto, mai rinnegato, alla guerra civile contro i movimenti di Liberazione nazionale, cioè contro altri italiani che si battevano per restituire al nostro Paese la libertà e la democrazia. Certo, è ovvio, umana pietà per tutti, ma non vedo perché bisognerebbe celebrare con un monumento, per giunta pagato con fondi pubblici, il ricordo di un criminale di guerra e delle sue azioni.

Di fronte a un fatto così grave, del tutto illegittimo sul piano amministrativo e offensivo per la memoria condivisa degli italiani, la Regione Lazio non ha potuto che prendere atto dell’irregolarità compiuta dal Comune di Affile, sospendendo l’erogazione del saldo di 180 mila euro per la realizzazione dell’opera fino al ripristino della proposta progettuale originariamente finanziata. Questo vuol dire apportare delle modifiche strutturali al monumento e intitolarlo come originariamente concordato al soldato, cioè al milite ignoto, facendo scomparire qualsiasi riferimento a Rodolfo Graziani. Da parte della nostra amministrazione c’è la massima disponibilità, ora e in futuro, a sostenere concretamente Affile, come tutti i comuni del Lazio, con interventi di riqualificazione degli spazi pubblici e investimenti utili a migliorare la vita dei cittadini. Ma devono essere questo, semplicemente questo, e non altro.

Ci tenevo, dunque, a scriverLe, a mie spese, questa lettera per chiarire questa posizione e confermarLe la piena disponibilità dell’amministrazione regionale ad un confronto aperto trasparente con i cittadini. Da parte mia mi permetto di dire che sarebbe davvero un peccato, tanto più in un momento così difficile per il nostro Paese e il nostro territorio, se un’opportunità di sviluppo locale e di recupero di un’area verde, come quella contenuta nel progetto originario di riqualificazione del Parco Rodimonte, rimanesse bloccata o andasse perduta».

Al criminale massacratore di partigiani, di resistenti libici ed etiopi è stato costruito infatti un mausoleo, considerato oggi sconcio.

Eppure quello di Graziani non è l’unico caso di criminale di guerra riabilitato dal passato criminoso: certo però che nessuno è stato portato in trionfo con celebrazioni di questo tipo.

Almeno mille militari del regio esercito, accusati dalla commissione delle Nazioni unite di stragi, deportazioni, torture e altro, durante la seconda guerra mondiale in Africa e nei Balcani, non vennero mai processati  e molti di essi furono proiettati in brillanti carriere.

Ancora c’è chi ricorda l’indecente abbraccio fra Andreotti e Graziani ad Arcinazzo, a simboleggiare lo strano connubio fra democrazia cristiana e fascismo, sì quel fascismo che era stato dichiarato incostituzionale e che invece continuava e continua a vivere grazie soprattutto al potere politico di certi suoi affiliati che continuano a foraggiarlo con generose elargizioni.

Mario Bottazzi, presidente Anpi II municipio si è commosso ricordando il concerto tenuto alla Sapienza da 150 bambini delle medie con indirizzo musicale, in onore dei martiri della resistenza così come si è commosso Pietro Terracini, uno dei pochi sopravvissuti ai lager nazisti.

Con grande entusiasmo e partecipazione la folla ha poi cantato “Bella Ciao” interpretata da Enrico Capuano, cantautore folk, che dedica la canzone al nonno partigiano morto in guerra per mano di un compagno.

Poi è la volta di Luciana Romoli, figlia di una delle “donne della resistenza” spesso dimenticate dai libri di scuola “non è questo il paese che volevano”-grida dal palco- “ma i valori in cui crediamo non li abbandoneremo”.  Luciana ha un grande sogno quello di costruire una lapide in memoria  delle donne trucidate a Ponte di Ferro, solo perché “Volevano il pane per i figli”.

Ricordiamo i fatti: Roma nell’inverno del 1944, era schiacciata dalla morsa della fame e murata dall’occupante nazista. Gli alleati erano fermi ad Anzio, gli uomini al fronte, donne, bambini e vecchi morivano di fame.

Dopo lo sbarco di Nettuno i rifornimenti di viveri avvenivano con gli autocarri, ma comunque non bastavano a sfamare la popolazione e si era diffusa l’idea che i tedeschi tenessero tutti i depositi sequestrati per loro uso e consumo.

Gli ospedali erano pieni di bambini denutriti, e circa trecento innocenti morirono per malattie da denutrizione a causa delle atrocità dei nazifascisti a Roma e in Italia..

Dopo l’attentato di via Rasella del 23 marzo, la rappresaglia tedesca non si fermò alla strage delle Fosse Ardeatine, ma intendeva colpire il maggior numero di persone possibile. Così, per ordine diretto del generale Maeltzer, la razione di pane ( nero e ammuffito)  dei romani viene ridotta da 150 a 100 grammi al giorno.

Ai primi di aprile del 1944 le condizioni alimentari intollerabili portarono allo stremo la popolazione, la distribuzione subì un ulteriore flessione e ci si accorse della presenza di almeno 50.000 carte per il pane falsificate, mentre ingenti quantità di farina venivano vendute clandestinamente.

A quel punto le donne si unirono e diedero l’assalto ai forni, spinte dal bisogno. Le stesse donne ospitarono coraggiosamente famiglie ricercate, diedero soccorso ai prigionieri, distribuirono riviste clandestine, sfidando apertamente nazisti e fascisti.

Gli assalti cominciarono nei quartieri di Trionfale, Borgo Pio, Via Leone Quarto. A guidarle in questi quartieri erano le sorelle De Angelis, Maddalena Accorinti ed altre.

L’episodio più tragico avvenne all’Ostiense, al Ponte di Ferro. Il 7 aprile 1944 decine di persone si ritrovarono di fronte al mulino Tesei per chiedere pane e farina; si diceva che quel mulino producesse pane destinato ai militari tedeschi. Le donne dei quartieri limitrofi (Ostiense, Portuense e Garbatella) avevano scoperto che il forno panificava pane bianco e che probabilmente aveva grossi depositi di farina. La folla cominciò a reclamare il pane, i cancelli del forno furono sfondati e le donne riuscirono ad entrare. Il direttore del forno, forse d’accordo con quelle disperate, lasciò che entrassero e che si rifornissero di pane e farina, ma qualcuno avvertì la polizia tedesca che arrivò quando le donne erano ancora sul posto. A quel punto i militi fascisti presenti chiesero l’intervento delle SS tedesche, che bloccarono la strada, molte donne riuscirono a scappare, ma dieci di loro furono prese, afferrate di forza, portate sul ponte e lì fucilate in fila, contro la ringhiera. A monito della popolazione i tedeschi ne lasciano i cadaveri sulla spalletta del ponte fino alla mattina dopo quando alcuni lattonieri e sfasciacarrozze della zona vengono costretti a caricare le povere salme su di un camion. Da allora non si è mai saputo dove siano state portate e sepolte.

Le dieci vittime innocenti della furia nazi-fascista, per le quali Luciana chiede una lapide, furono: Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo.

Luciana ricorda poi Giovanna Marturano (104 anni), presidente onorario Anpi: operò come staffetta partigiana e riuscì a scampare alla ferocia nazista, ma vista l’età non ha partecipato all’evento “eppure è a casa e piange in memoria delle vittime.”

Luciana Romoli conclude il discorso con “Viva il 25 Aprile, Viva la Costituzione”

La mamma di Luciana-ricorda Nando Cavaterra-scendeva in piazza con il Carcano 91, un fucile spesso usato durante la seconda guerra mondiale.

Poi afferma la volontà di rispettare la legge 645 comma 4, varata il 20 giugno 1952 dall’allora ministro degli interni Scelba, che vietava tra le altre cose l’apologia al fascismo e la legge Mancino, che vieta la ricomposizione fascista sotto ogni forma.

Infine un omaggio al film di Nanni Loy “Le quattro giornate di Napoli” divenuto uno dei simboli del 25 Aprile Durante le quattro giornate, una rivolta divampò nel giro di poche ore. Tutti i napoletani parteciparono in maniera indipendente. Spinti da una specie di necessità, imbracciarono il fucile, si armarono di pietre, di oggetti di casa, di bottiglie di benzina, e combatterono nel loro tratto di strada, anonimi e silenziosi. Finita la battaglia ognuno tornò a casa sua e la rivolta restò nel ricordo con i soli nomi dei morti, quelli, almeno, che si conoscevano. Una figura ancora ricordata è quella di Gennarino Capuozzo, un bambino di dieci anni che fu ucciso su una barricata mentre combatteva contro gli invasori del suo paese.

di Simona Mazza

foto Presidente Napolitano: tg24.sky.it

Sotto alcune immagini  del corteo organizzato dall’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) a Porta san Paolo, Roma

25aprmedici25aprromoli25aprile

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.