La “non pace” di Versailles, un pasticcio di cui scontiamo ancora gli effetti

paceEsattamente 98 anni fa, l’11 novembre 1918, si concludeva la Prima Guerra Mondiale, il più catastrofico conflitto bellico che si fosse mai visto prima di allora, nato per un pretesto (l’assassinio del principe austriaco Francesco Ferdinando) e conclusasi con un Trattato di pace (Versailles, 1919) troppo punitivo per gli sconfitti e comunque insoddisfacente per i vincitori, i cui effetti stiamo ancora scontando, dopo quasi un secolo.

Secondo alcuni osservatori, quella di Versailles del 1919 non fu nemmeno una vera pace, ma soltanto un armistizio durato una ventina d’anni di un’unica Grande guerra mondiale, scoppiata nel 1914 e terminata nel 1945, nella quale l’Italia, inizialmente nel campo dei vincitori, è passata in quella degli sconfitti. A ben guardare, anche il conflitto nella ex-Jugoslavia (1991-1995) fu direttamente collegato alla soluzione “arraffazzonata” che si dette allora al principio di nazionalità nella penisola balcanica; per non parlare del conflitto arabo-israeliano, tuttora in corso.

Ma andiamo con ordine. Il principale effetto che stiamo ancora scontando, della “non pace” del 1919, è quello che possiamo chiamare “sindrome di Versailles”, cioè quella sorta di frenesia delle potenze vincitrici di imporre a tutti i costi un trattato punitivo nei confronti della Germania e una pace risarcitoria, anche al di là delle possibilità economiche dell’avversario. Il nazismo e la Seconda Guerra Mondiale, infatti, sorsero dalla volontà dei tedeschi di rovesciare quel trattato da loro ritenuto sommamente ingiusto.

Catastrofici furono gli effetti sul valore del marco tedesco, immediatamente dopo la firma del Trattato. In Germania, infatti, tra il 1919 ed il 1923, l’inflazione fu, in media del 662,6% l’anno. Per acquistare ciò che sino al 1914 bastava un marco, alla fine della crisi ne erano necessari addirittura 1,3 miliardi! La gente andava a fare la spesa con le valige ripiene di carta (moneta) straccia, il cui valore era stato più volte ridotto e ristampato in ribasso, per adeguarlo all’inflazione galoppante.

L’austerity, imposta oggi cocciutamente dalla Germania al resto dell’Europa, ha origine diretta dalla “sindrome di Versailles” cioè dal vero e proprio terrore per il crollo giornaliero del valore della moneta che subirono le generazioni tedesche di quasi un secolo fa. Per questo i tedeschi vorrebbero mantenere alto il valore dell’Euro (e lo spread sui titoli di Stato degli altri paesi dell’Unione) e vedono negativamente l’azione in senso contrario del Governatore della BCE Mario Draghi, pur essendo questa l’unica via d’uscita per conferire un minimo di competitività alle merci europee ed evitare che l’economia continentale crolli del tutto di fronte alla concorrenza delle imprese extra-europee.

Della guerra nell’ex-Jugoslavia della fine del XX secolo abbiamo già brevemente accennato, ma la “sindrome di Versailles” ha colpito ancora (e continua a mietere vittime) anche per quanto riguarda l’atteggiamento dei paesi occidentali (Stati Uniti in primis) nei confronti della Russia post-comunista: si sono comportati come se la fine del comunismo fosse tutto merito loro, adottando una diplomazia fortemente punitiva nei confronti del popolo russo.

In sostanza, non vi è stato nessun atto di distensione militare il blocco occidentale e la Russia post comunista, dopo la fine della guerra fredda, ma la NATO e la UE hanno inglobato in sé tutti gli Stati del dissolto Patto di Varsavia (blocco comunista), spostando la cortina di ferro ad est, sino ai confini stessi del gigante ex-sovietico, isolandolo anche economicamente. Le sanzioni comminate alla Russia di Putin, a seguito della crisi ucraina, infatti, seguono la stessa logica delle “riparazioni” imposte alla Germania negli anni venti, e poi mai onorate.

Fortunatamente per la Russia di Putin, il controllo da essa ancora saldamente esercitato sul rifornimento energetico di gas nei confronti dei paesi europei, non ha determinato la polverizzazione del valore del rublo ai livelli della Germania del primo dopoguerra. Con l’avvento di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, ci sarà sicuramente un allentamento della morsa della NATO ai confini del gigante russo. Sempre che la “sindrome di Versailles” non contagi anche il magnate della Fifth Avenue!

di Federico Bardanzellu

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