1 Maggio 1947: la strage di Portella della Ginestra, il Bandito Giuliano, Cia e la nascita della prima Trattativa Stato-Mafia

1-maggio-strage-sicilia-Nel 2016 dovrebbe cadere il segreto di Stato sulla morte del bandito Giuliano, descritto dai servizi segreti americani  come  “capo di una banda fascista in Sicilia” . Da questo punto di partenza è nato il libro “La scomparsa di Salvatore Giuliano. Indagini su un fantasma eccellente” di, Casarrubea e Cereghino, che  ricostruisce gli avvenimenti salienti di una vicenda tutta italiana, madre di pagine oscure della storia del nostro paese.

Dopo lo sbarco degli alleati, in Sicilia si contavano fino a 37 gruppi armati, ma solo quello di Giuliano riuscì a sopravvivere, “in quanto era l’unico politicizzato in direzione del cosiddetto separatismo, una copertura del neofascismo in epoca successiva alla caduta del duce”. Giuliano aveva il controllo dell’isola e sebbene la sua figura fosse spesso paragonata a quella di moderno Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare ai poveri, in realtà era più un terrorista che un bandito, assoldato dai servizi segreti in concomitanza con la nascita di Gladio.

Il primo maggio 1947 in Sicilia si era ripreso a celebrare la festa dei lavoratori, spostata al 21 aprile, Natale di Roma, durante il regime.  Quel giorno circa duemila lavoratori, soprattutto contadini della zona di Piana degli Albanesi,  si erano riuniti nella vallata di Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, a favore dell’occupazione delle terre incolte, e festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana. Improvvisamente, dalle colline iniziarono ad arrivare  raffiche di mitra che uccisero i presenti. Le vittime accertate furono 11 (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, alcuni dei quali morirono per le ferite riportate.

Inizialmente la Cgil proclamò lo sciopero generale, perché si riteneva che l’eccidio fosse da imputarsi ad alcuni latifondisti siciliani che volevano “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”, ma ben presto si scoprì che l’attentato era stato voluto dal bandito Salvatore Giuliano, colonnello dell’Evis, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza in Sicilia, definito dagli alleati ” un corpo paramilitare guidato e finanziato dalla Repubblica di Salò”. Il rapporto dei carabinieri sulla strage faceva chiaramente riferimento ad “elementi reazionari in combutta con i mafiosi”.

Da allora la Strage di Portella della Ginestra è stata ritenuta, a ragione, la matrice originaria di tutti gli altri massacri che hanno costellato la storia repubblicana e che ha purtroppo coinvolto apparati istituzionali e politici , inclusa la trattativa Stato-mafia, quell’ “intesa tacita e parziale tra parti in conflitto”, secondo le parole di Giuseppe Pisanu (ex democristiano moroteo ed ex Pdl, oggi montiano), presidente della Commissione Antimafia che, nei giorni scorsi, ha presentato la relazione sulle stragi dell’inizio degli anni Novanta.

Due anni dopo l’eccidio,  il bandito scrisse che l’attentato era di natura politica, ma la sua tesi venne smentita dal Ministro degli Interni Mario Scelba.

Il 5 luglio 1950 a Castelvetrano, in Sicilia, venne ritrovato il corpo di un giovane  in pieno centro storico. Si tratta del bandito Salvatore Giuliano , il “re di Montelepre, assassinato dal suo “uomo” Gaspare Pisciotta, che venne poi avvelenato in carcere nel 1954 proprio nel momento in cui si era dichiarato disposto a rivelare i nomi dei mandanti della strage. Che sia stato davvero Pisciotta ad uccidere Giuliano è una tesi che tuttavia non convince i due studiosi del caso, Giuseppe Casarrubea e Mario Josè Cereghino, che dopo aver esaminato montagne di fascicoli e consultato archivi internazionali , hanno chiesto alla Procura di Palermo di riaprire le indagini.

Nel 2010 era stata avanzata l’ipotesi che il vero Salvatore Giuliano fosse stato messo in salvo dalla Cia e avesse trovato rifugio negli Stati Uniti, dove avrebbe lavorato per il Pentagono con il nome di Joseph Altamura.  Di conseguenza era stata chiesta la riesumazione della salma, ritenendo che il corpo appartenesse ad un nipote del bandito. Ad oggi tuttavia non si conoscono i risultati della prova del Dna effettuata.

L’ex agente dei servizi italiani, Michele Ristuccia ha confessato che l’operazione  era stata condotta dalla “cricca di Andreotti” (sottosegretatrio di De Gasperi) ed ha avuto come protagonisti, oltre alla criminalità organizzata, apparati dei servizi segreti e alte gerarchie del Vaticano.

di Simona Mazza

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